Archivi del mese: luglio 2011

Rivolta in diretta al Cie di Ponte Galeria

30 July 2011

È da poco passata la mezzanotte al centro di identificazione e espulsione (Cie) di Roma. Tre detenuti tentano la fuga. La polizia li trova. E li massacra di botte agli ordini di una ispettrice che ha deciso di fare la dura. Qualcuno però assiste alla scena. E indignato, sparge la voce tra i reclusi dell’area maschile. Scoppia la rivolta. I detenuti rifiutano di rientrare nelle camerate, la polizia in tenuta antisommossa fuori dalla gabbia minaccia di sfondare. Dentro si armano di pietre per difendersi e danno alle fiamme alcuni materassi. Intanto noi, da fuori, grazie a fonti fidate all’interno del Cie, seguiamo per tutta la notte gli sviluppi della rivolta. Leggete come è andata a finire. E se anche a voi sembra che non sia una roba normale, chiamate il centralino di Ponte Galeria allo 06.65854224. Facciamogli sentire che hanno gli occhi addosso.

Ore 00:47
La polizia sta picchiando 4 algerini al centro di identificazione e espulsione (Cie) di Roma. Li hanno presi un’ora fa mentre tentavano di scappare. Secondo alcuni testimoni li avrebbero pestati malamente. Gli altri reclusi del settore maschile stanno protestando fuori dalle camerate, si sono disposti davanti all’entrata della gabbia e impediscono l’ingresso della polizia che a quest’ora di solito li chiude a chiave nelle sezioni. Rifiutano di rientrare nelle camerate fino a quando non avranno visto in che condizioni hanno ridotto i quattro, che si trovano ancora isolati nella stanza dove sarebbero stati picchiati.

Ore 01:17
I reclusi continuano a rifiutare di rientrare nelle camerate e rimangono concentrati di fronte al cancello della gabbia. Di là dalla rete sono schierate le forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Una ventina di militari e una trentina di agenti tra polizia e finanza, pronti a intervenire per far rientrare la protesta. I quattro algerini sono ancora rinchiusi nella stanza dove sarebbero stati picchiati. Si tratta di quattro algerini sbarcati a Lampedusa nelle settimane scorse e provenienti dalla Libia. Alla protesta partecipano anche gli egiziani presi dalla polizia durante la retata del 27 luglio ai mercati generali agroalimentari di Roma, a Guidonia-Montecelio, che ha portato alla reclusione di 16 lavoratori egiziani senza contratto. Non partecipano invece, per evidenti ragioni, i due reclusi ancora rinchiusi in isolamento, ormai da più di un mese, uno dei quali in sciopero della fame dal 22 luglio scorso.

Ore 01:33
Spunta un testimone oculare. I quattro fuggitivi sono stati bloccati in due posti diversi. Tre di loro sono stati immobilizzati davanti alla gabbia dell’area femminile. Secondo il racconto della nostra fonte, inizialmente gli agenti li hanno immobilizzati a terra e gli hanno ammanettato i polsi dietro la schiena. Fin lì tutto tranquillo, poi è arrivata sul posto un’ispettrice di polizia, che ha dato un calcio in faccia a uno dei tre. E ha continuato poi a colpire a calci gli altri tre già immobilizzati a terra, per poi schiacciargli la faccia al suolo sotto le suole degli stivali. A quel punto le detenute hanno iniziato a gridare e l’ispettrice ha dato ordine ai suoi uomini di portare i quattro all’interno degli uffici.

Ore 01:54
Si prepara la rivolta. La polizia ha portato davanti al cancello i quattro algerini per farli rientrare nelle sezioni e ha chiesto ai reclusi di spostarsi dal cancello per lasciarli entrare e poterli rinchiudere nelle aree. Ma la reazione alla vista dei quattro è stata fortissima. Secondo testimoni oculari i quattro algerini sarebbero in brutte condizioni dopo il pestaggio subito. Dentro la gabbia si prepara la rivolta. Un gruppo di reclusi è riuscito a rompere due ferri della gabbia e ad aprirsi un varco per raggiungere un terreno vicino al muro di cinta dove prendere delle pietre con cui armarsi per difendersi nel caso in cui i trenta agenti in tenuta antisommossa dovessero entrare con la forza e picchiare i reclusi. Intanto uno dei detenuti si è tagliato con un ferro il braccio e la caviglia.

Ore 02:07
Secondo una nostra fonte, alla base della rivolta in corso al Cie di Roma, oltre al pestaggio dei quattro algerini di stasera, ci sarebbe una violenta espulsione avvenuta questa mattina. Si tratta di un cittadino tunisino, Monji, residente a Milano da 20 anni, con la moglie e due bambini, preso di forza dal letto mentre ancora dormiva questa mattina all’alba e portato via legato con lo scotch dopo che opponeva resistenza. Il signore in questione aveva già scontato nel Cie di Roma 5 mesi e 25 giorni di reclusione e sarebbe dovuto uscire dopo cinque giorni. La moglie, da Milano, gli aveva già inviato i soldi con Western Union per comprare il biglietto del treno per ritornare dalla sua famiglia in Lombardia. Secondo la nostre fonte questa sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, in un momento in cui tutti i reclusi si sentono spaventati dalla nuova legge in discussione al Senato, che porta a 18 mesi il limite massimo di detenzione nei Cie

Ore 02:28
I reclusi continuano a gridare e a sbattere contro i ferri della gabbia. Gli agenti, in tenuta antisommossa non sono ancora entrati, anche perchè in inferiorità numerica. I reclusi infatti sono più di un centinaio e armati di pietre per difendersi. Nel cortile centrale della gabbia, sono stati dati alle fiamme 7 materassi per evitare l’avanzamento delle forze dell’ordine. Alla protesta partecipano anche sei albanesi, stranamente reclusi da ormai 40 giorni, pur essendo regolarmente entrati in Italia con il nuovo passaporto biometrico, che dal dicembre scorso consente la libera circolazione dei cittadini albanesi nell’Unione europea senza bisogno di visto. Chiedono di essere rilasciati, in Italia o in Albania, senza passare un solo giorno di più in detenzione. Intanto una ventina di reclusi sono saliti per protesta sul tetto delle celle.

Ore 02:55
Grazie all’utilizzo di un idrante, la squadra di agenti in tenuta antisommossa è riuscita a disperdere le decine di reclusi davanti il cancello e a entrare nella gabbia. A forza di manganellate, e proteggendosi con gli scudi dal lancio di pietre, gli agenti sono riusciti a costringere parte dei reclusi a rientare nelle celle, e hanno poi chiuso le gabbie con delle catene con il lucchetto, dal momento che nelle due ore precedenti, i reclusi avevano manomesso le serrature. Secondo una delle nostre fonti ci sarebbero almeno otto feriti tra i detenuti. Un gruppetto di reclusi è ancora fuori dalle celle e cerca di difendersi dal pestaggio lanciando sassi e altri oggetti.

Ore 03:16
Tutti i reclusi, compresi i quattro algerini picchiati tre ore fa, sono stati adesso ricondotti e rinchiusi dentro le celle. Al momento sembra essere tornata la calma. La polizia è uscita all’esterno della gabbia. Dentro però la rabbia è ancora alta. E va di pari passo con l’apprensione per la nuova legge sui sei mesi. Intanto sono emersi nuovi dettagli sull’espulsione di Monji di questa mattina. Testimoni oculari hanno descritto la sua espulsione come molto violenta. Intorno alle sei del mattino, una decina di poliziotti si sono presentati nella sua cella e mentre lui ancora dormiva, tre di loro gli si sono buttati addosso di peso per immobilizzarlo. A quel punto, svegliato di soprassalto, è stato costretto con la forza a inginocchiarsi e quindi è stato ammanettato con i polsi dietro la schiena e trascinato via di forza. I reclusi che hanno assistito alla scena si dicono scioccati. Si tratta del secondo caso di un tunisino espulso allo scadere dei sei mesi. Martedì scorso infatti, nel gruppo di 16 tunisini espulsi c’era anche un certo Mohamed, lavoratore presso il mercato del pesce di Bari e da più di dieci anni in Italia, a cui rimanevano soltanto quattro giorni per compiere i sei mesi di detenzione e uscire.

Ore 04:30
Perquisizione nelle celle. Una squadra di 8 agenti conta i reclusi, cella per cella. All’appello mancano tre persone che durante il caos degli scontri sono riusciti a nascondersi sui tetti. Si tratta di tre algerini.

Ore 7:00
Dei tre algerini che mancavano all’appello, due sono stati ritrovati e ricondotti in cella, apparentemente senza violenza. Il terzo invece è riuscito a fuggire dalla gabbia ed è di nuovo in libertà. Per capire di chi si tratti, la polizia fa una seconda conta, cella per cella, stavolta però con i registri e le foto.

Ore 7:30
Un gruppo di agenti in borghese fotografano i danni della struttura. Un pannello di plexiglass sfondanto all’ingresso della gabbia, 7 materassi bruciati, 2 telecamere distrutte e due ferri spezzati sul retro della gabbia, che vengono prontamente saldati, sotto la sorveglianza di tre agenti di polizia. Nessuno invece fotografa i detenuti feriti.

Ore 9:30
Per punizione, le celle sono ancora chiuse con le catene e i reclusi non possono uscire nel cortile della gabbia grande. Per tutta la notte, la direzione del Cie ha tenuto accese le luci nelle celle per impedire ai reclusi di riposare.

Ore 10:30
Il personale dell’ente gestore Auxilium porta la colazione, ma i reclusi rifiutano di essere serviti attraverso la gabbia, come se fossero animali, costretti a rimanere rinchiusi nelle celle. E proclamano lo sciopero della fame.

Ore 12:00
Per ritorsione, anche lo spaccio delle sigarette resta chiuso oggi.

Ore 13:30
Una ventina di agenti tra polizia e guardia di finanza entrano nella gabbia. Cella per cella, una squadra di otto composta da quattro poliziotti, due finanzieri e due agenti in borghese, armati di manganelli, prelevano alcuni reclusi. Finora dalle prime tre celle hanno prelevato 8 persone. Gli ultimi due erano egiziani del gruppo di lavoratori dei mercati generali agroalimentari di Roma presi nella retata di tre giorni fa. Ancora non si capisce se si tratti dei reclusi che saranno arrestati per la rivolta o se invece si tratti di un’espulsione collettiva in corso.

Ore 14:47
La questura diffonde la versione ufficiale, prontamente rilanciata dalle agenzie di stampa. La censura sulle ragioni della protesta e sulle violenze della polizia è totale
IMMIGRATI: FIAMME E LANCIO OGGETTI IN CIE PONTE GALERIA, ALCUNI TENTANO FUGA
Roma, 30 lug. – (Adnkronos) – Protesta la notte scorsa al Cie di Ponte Galeria, in provincia di Roma. Alcuni immigrati hanno dato fuoco a materassi e coperte, mentre cinque persone hanno scavalcato la recinzione per fuggire. Sul posto sono intervenute le volanti della polizia che hanno bloccato gli immigrati in fuga. Contro gli agenti sono state poi lanciate bottiglie e altri oggetti. La protesta è scoppiata ieri sera poco prima di mezzanotte. La situazione è stata riportata alla normalità dalla polizia dopo un paio d’ore. Alcuni agenti sono rimasti feriti. Sul posto sono intervenuti anche i vigili del fuoco per spegnere i focolai. (Sod/Col/Adnkronos) 30-LUG-11 14:47 NNN

Elmas, si lanciano dalle scale del Cpa In gravi condizioni due extracomunitari

Due algerini, ospiti del Centro di prima accoglienza di Cagliari-Elmas, sono ricoverati in ospedale per le lesioni riportate dopo essersi lanciati dal secondo piano nella tromba delle scale della palazzina all’ interno dell’aeroporto militare”Mario Mameli”.

Il più grave è stato trasportato dall’ospedale Brotzu, dove è ricoverato in prognosi riservata. Ha riportato un trauma cranico e lesioni in varie parti del corpo. L’altro uomo, invece, è ricoverato al Santissima Trinità di Cagliari.

Il fatto è avvenuto nel primo pomeriggio. Durante un trasferimento all’interno della struttura, i due extracomunitari si sarebbero lanciati volontariamente nel vuoto probabilmente per evitare il rimpatrio. Proprio lunedì scorso, nel Cpa di Elmas, c’era stata la visita di due parlamentari sarde del Pd, Caterina Pes e Amalia Schirru, in occasione della manifestazione di protesta organizzata dalla Fnsi e da varie associazioni, per “reclamare il diritto ad accendere i riflettori su queste strutture e sulle persone che vi sono trattenute”.

Test d’italiano ed educazione civica ecco il permesso a punti per immigrati

Carta di soggiorno a chi ne raggiunge 30, espulso chi scende a zero. Al via da oggi per i nuovi ingressi. Maroni: serve a responsabilizzare gli stranieri

Test d'italiano ed educazione civica  ecco il permesso a punti per immigrati 

ROMA – In due anni dovranno imparare come funzionano il Parlamento e il governo, cosa dice la Costituzione, come si usa un congiuntivo, quali sono le regole civiche del nostro Paese. Dopodiché gli stranieri regolari che hanno chiesto il permesso di soggiorno faranno la conta dei crediti acquisiti. Una sorta di “pagella dell’immigrato”. Con almeno trenta punti, saranno promossi e otterranno di fatto la carta di soggiorno. Con meno di trenta crediti, ma più di sedici, saranno “rimandati” e avranno un anno di tempo per recuperare. Con zero punti o meno, risultato a cui si arriva ad esempio con una condanna penale, scatta la bocciatura, che significa espulsione immediata.

Questo stabilisce l'”Accordo di integrazione tra lo straniero e lo stato”, introdotto col pacchetto sicurezza Maroni nel 2009 e approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. E’ rivolto a tutti gli stranieri non clandestini dai 16 anni in su che entrano per la prima volta in Italia, chiedendo un permesso di soggiorno superiore a un anno. Si stipula in automatico al momento della presentazione della domanda, allo sportello unico della prefettura o in questura. In pratica lo Stato chiede agli immigrati di studiare, per acquisire conoscenze di base della lingua italiana parlata, della cultura civica e della vita civile, delle istituzioni pubbliche, con particolare attenzione alla sanità, alla scuola, al lavoro e agli obblighi fiscali. Il governo farà la sua parte organizzando corsi gratuiti di cinque-dieci ore entro tre mesi dalla stipula dell’accordo. Previsti anche test di verifica finali.

Il perno del nuovo sistema è la “pagella”. Tutti partono con una dote iniziale di 16 punti. Si aumentano frequentando i corsi gratuiti, ma anche con l’iscrizione al sistema sanitario nazionale (4 punti), dimostrando di avere un’attività commerciale (4 punti) o una casa (fino a 12 punti), di conoscere bene l’italiano (fino a 30 punti) o di essere in possesso di un titolo di studio (da 4 crediti per la licenza media fino a un massimo di 64 per un dottorato di ricerca). I punti però possono essere decurtati “se lo straniero subisce una condanna penale anche non definitiva – ha spiegato il ministro dell’Interno Maroni, ideatore dell’accordo – oppure se commette gravi illeciti amministrativi o tributari”. Un mese prima della scadenza del biennio formativo c’è la verifica: con trenta o più crediti, viene concesso il permesso di soggiorno. I più meritevoli otterranno corsi “premio” aggiuntivi. Da 16 a 30 punti l’accordo viene prorogato di un anno per dare la possibilità di raggiungere la “promozione”. Per chi ha punti inferiori o pari a zero, invece, non c’è scelta: bocciatura, quindi espulsione. Lo stesso avviene in caso di inadempienza dell’obbligo scolastico da parte dei figli minori.

“Non è uno strumento punitivo – ha voluto precisare Sacconi, ministro del Welfare – accompagna lo straniero verso un percorso d’integrazione”. Il permesso di soggiorno a punti, in uso in Canada e altri paesi anglosassoni – è stato contestato dall’opposizione “perché – ha detto Livia Turco, responsabile Immigrazione del partito democratico – bisogna prima garantire tempi certi per i rinnovi dei permessi e corsi di lingua e cultura forniti dalla scuola pubblica”.

(29 luglio 2011)

Rivolta di donne a Bologna

«Suppellettili date alle fiamme e alcune stanze inagibili: sono le conseguenze di una protesta andata in scena nella tarda mattinata nel reparto femminile del Cie di Bologna, il centro di identificazione ed espulsione per immigrati irregolari.

 

La protesta ha avuto come principali protagoniste le donne trattenute nella struttura di via Mattei, e solo in un secondo momento si sono uniti anche alcuni degli immigrati del reparto maschile. Non ci sono stati feriti, ma oltre alle forze dell’ordine sono dovuti intervenire i vigili del fuoco, per spegnere gli incendi di mobili e materassi appiccati in diverse stanze. Almeno sei, tutte nel settore femminile, sono state dichiarate inagibili. La polizia ha avviato accertamenti; per alcuni dei protagonisti dei tafferugli potrebbero scattare denunce per danneggiamento.»

Il Corriere di Bologna

Nuovo Cie, nuove fughe

“Nelle ultime 48 ore sono almeno venti gli immigrati fuggiti dal nuovo Cie di Milo, a Trapani” denuncia il segretario provinciale di Trapani del Siulp, Antonio Cusumano, il quale afferma che “troppi sono gli impegni presi e non rispettati”.

Per il rappresentante del sindacato, la realtà “è che ci sentiamo soli, sotto assedio e privi di forze per far fronte alla situazione”. Il Siulp più volte ha lamentato l’assoluta carenza di uomini per far fronte al problema immigrazione a Trapani, come pure che la frequenza dei servizi nei Cie “si ripercuotono su tutta la Questura, causando riflessi negativi per la sicurezza dei cittadini”. Intanto il consigliere provinciale Carpinteri ha dichiarato di essere «fortemente preoccupato» ed ha voluto coinvolgere l’intero consiglio provinciale, nella seduta di ieri mattina, su quella che ha indicato come «un’emergenza sociale». Non è la prima volta che l’esponente neodemocristiano denuncia le condizioni di crisi della frazione trapanese di Salinagrande alle prese con il Centro di Accoglienza per richiedenti Asilo. «La struttura – ha sottolineato Carpinteri – è strapiena ed ogni giorno ci sono 300 persone in giro senza nulla da fare. Alcuni di loro passano il loro tempo a rubare i panni che vengono stesi dagli abitanti della zona. Non voglio generalizzare, ma la situazione è questa anche perché è circostanziata da una serie di denunce. È capitato anche a me di ritrovarmeli quasi in auto quando sono rimasto fermo al semaforo. C’è chi può anche tentare di entrare in macchina. Ci sono poi quelli che sono già entrati nelle case. Anche qui non parlo per sentito dire ma perché so di denunce fatte alle forze del ordine. Sarà anche una minoranza ma sta alzando la tensione». Carpinteri ha voluto fare un appello: «Mi auguro che la Prefettura e la Questura siano nelle condizioni di avviare un’azione di maggiore controllo. Finora i cittadini di Salinagrande hanno manifestato grande senso di responsabilità, ma c’è un limite a tutto».

Francia – Testimonianza di un detenuto del CPT di Vincennes

fonte: http://paris.indymedia.org/spip.php?article7799 – 14 luglio 2011

Qui, è molto dura!

Poco fa, c’era molta gente, fuori, che gridava “Libertà! Libertà!Libertà!”. Anche noi abbiamo gridato “Libertà! Libertà! Libertà!”. Poi è arrivata la polizia. Ci hanno calmati. Subito dopo, un tipo ha mangiato delle lamette e delle monete da 50 centesimi. È caduto a terra. Ha vomitato. Lo hanno portato in infermeria. Gli hanno dato una medicina. Non hanno nemmeno chiamato l’ambulanza!

Qui, è una merda!

Il cibo ci viene sempre dato al limite della scadenza. Oggi, a mezzogiorno, il cibo era datato 14 luglio! Ho mangiato solo il pane ed il formaggio. Il cibo puzza! Se lo mangio, vomito. Oggi, c’era della carne, l’ho messa in bocca, poi l’ho vomitata! Ho perso 7 chili da quando sono qui.

Sono passato davanti al giudice, mi ha dato 15 giorni. Mia moglie ha pianto. È incinta di 4 mesi. Ha detto al giudice che aveva bisogno di me. L’avvocato invece non ha detto niente! Ero arrabbiato, ho gettato il foglio con la sentenza. Lo sbirro mi ha colpito. Arrabbiandomi, mi sono fatto male ad un braccio. Tornando dal tribunale, la polizia mi ha messo nel furgone. I poliziotti mi hanno dato dei colpi. Non riuscivo a respirare. Sanguinavo, il poliziotto mi ha messo una maschera. Il sangue ci è andato sopra. Lo sbirro mi ha detto: “Se mordi la maschera, ti metto nella macchina, vedrai cosa ti succederà”. Mi hanno portato a Chatelet [centro di Parigi, NdT]. Ho chiesto perché. Ho capito che era perché ho spaccato una porta. L’ASSFAM [Association Service Social FAmilial Migrants, un’associazione di aiuto agli immigrati, NdT] mi dato un pezzo di carta che diceva che la polizia mi ha picchiato. Lo hanno visto. I poliziotti mi hanno preso da parte come un cane. Mi hanno detto: “Chiudi il becco! Vedrai cosa ti capiterà!”.

Ho un problema di salute che mi causa dei dolori. All’infermeria mi hanno dato delle pillole per dormire. Ho detto: “No, non voglio queste pillole”. Mi sveglio la notte a causa dei dolori. Ho chiesto di andare all’ospedale. Mi hanno risposto: “No, non ci vai. Non sei tu che decidi”.

Volevo chiamare il padrone, perché non mi paga. Dice che non ha soldi. Quelli dell’ASSFAM mi hanno detto che loro non possono farci niente. Mia moglie ha cercato di chiamare, lui diceva che era partito in vacanza. Poi, non sono più riuscito a trovarlo al telefono. L’altra associazione (l’OFII) l’ha chiamato. Il padrone ha avuto un po’ paura. Mi ha dato 100 euro sui 5000 che mi deve.

Ho una moglie, è incinta di 4 mesi. Non siamo ancora sposati, perché lei è minorenne. È venuta a farmi visita, ma mi hanno vietato di toccarle la mano. Sono rimasto una settimana senza scarpe. Ieri, mia moglie me le ha portate.

Ho chiesto l’asilo politico perché se vengo espulso, finisco in prigione perché non ho fatto il servizio militare e anche perché sono partito dal Paese in barca (senza visto), cosa vietata.

Sono qui, ho perso il lavoro. Sono lontano da mia moglie.

Ponte Galeria – Contributo audio e comunicato dei reclusi

da radio onda rossa

Dal Cie di Ponte Galeria: manganelli e deportazioni forzate
Roma, 12 luglio 2011 – 21:41

Una lunga corrispondenza con uno dei ragazzi rinchiusi nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, che racconta la vita quotidiana all’interno del centro: la rabbia e le continue provocazioni, i pestaggi e le deportazioni forzate. Detenuti imbottiti di psicofarmaci per evitare che si ribellino alla deportazione, oppure legati mani e piedi, imbavagliati e “imballati” come un pacco postale. Tutto questo mentre nelle aule del parlamento si sta per approvare la legge che prolunga la permanenza nei Cie fino a 18 mesi.

ascolta: http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/silenzioassordante/110712_pontegaleria.mp3


Comunicato di un gruppo di detenuti del Cie di Ponte Galeria

pubblichiamo un comunicato che alcuni detenuti del Cie di Ponte Galeria hanno inviato alla redazione di Radio Onda Rossa

Roma, 13 luglio 2011

Scrivo a nome di cinque persone che sono detenute qua nel centro di Ponte Galeria a Roma.
Siamo quasi 200 uomini e 50 donne detenuti al centro di Ponte Galeria.
Qua siamo detenuti come colpevoli, come persone che hanno commesso un reato.
Perché sei mesi? è un periodo troppo lungo.
E ora vogliono aumentare a diciotto mesi.
Ma quelli che fannno queste leggi non sanno niente della nostra situazione e della nostra sofferenza.
Soprattutto quel partito della Lega Nord, quello del ministro Maroni.
La corte europea ha tolto l’articolo 14 della legge Bossi-Fini e questa è una sconfitta per Maroni.
E allora lui vuole fare una rivincita con un’altra legge che ammazza la gente: vuole convincere gli italiani che è per motivi di sicurezza ma è una legge fatta per un motivo fascista e basta.

Qua c’è gente per bene e gente per male, come in tutto il mondo.
Anche in Veneto, da dove viene lui, ci sono tanti stranieri che lavorano nell’agricoltura e nelle fabbriche.
A Milano e a Brescia il lavoro duro lo fanno gli stranieri.
Noi non siamo venuti qua dalla Tunisia per fare i delinquenti.
Una volta gli italiani hanno fatto per primi l’immigrazione in America.
Dicono che gli italiani sono mafiosi ma ci sono anche italiani per bene che hanno fatto la storia in America.

Noi crediamo all’Italia e all’Europa.
Noi non siamo venuti per fare male.
Io sono tunisino e sono scappato da una situazione disumana.
Dopo la caduta del nostro presidente Ben Alì non è cambiato niente, tutti i giorni ci sono manifestazioni e la gente muore per strada.
Abbiamo sentito che Maroni ha fatto un accordo col nuovo governo della Tunisia e rimandano lì la gente che arriva in Italia.
Ma nei nostri paesi c’è la guerra civile e i rifugiati che arrivano dalla Libia sono tutti qui.
Lì per noi non c’è niente da mangiare.

Ma noi amiamo l’Italia.
Nei nostri paesi guardiamo RaiUno e tifiamo per le squadre italiane.
Io sono nato nella città dove è nata Claudia Cardinale.
Non abbiamo problemi con voi italiani.
Noi veniamo perché sognamo la libertà, come voi una volta sognavate l’America.
E’ il nostro sogno e invece veniamo qua e troviamo un centro come questo a Ponte Galeria.
Perché? noi non abbiamo commesso niente.

Ti dicono che dopo sei mesi esci, ma io sono venuto qua per migliorare, per cambiare, per guadagnare qualcosa per i nostri figli e per le nostre famiglie perché nel nostro paese c’è la povertà.
E invece una mattina ti svegliano alle sei del mattino e entrano 20 persone coi guanti, ti portano in una stanza e ti tolgono tutta la tua roba e ti rimandano a casa.
Qua c’è gente che dell’Italia non ha visto niente, solo questo centro, e non parla nemmeno una parola d’italiano e la rimandano al paese suo senza il telefono e senza le sue cose.
Noi li chiamiamo al telefono e loro non rispondono perché il telefono è qua.
Ma poi quando ci chiamano, ci dicono che li hanno riportati al paese senza niente.

Noi siamo detenuti qua, in una situazione proprio disumana: otto persone in una stanza di quattro metri per quattro.
Viviamo uno attaccato al letto dell’altro.
Chi si alza dopo le otto del mattino non prende la sua colazione.
Chi arriva ultimo per la fila non arriva a prendere il pranzo e la cena perché noi facciamo la fila in 200 persone per prendere il nostro mangiare.
Chi arriva ultimo non arriva a prendere il suo pasto.
Ti danno un buono di 3 euro e 50 al giorno per comprare sigarette, shampoo, merendine, però non bastano, è troppo poco.
Anche per fare la doccia, l’acqua non c’è tutti giorni e nemmeno shampoo, asciugamano e dentifricio.
La gente scappata dalla morte non ha portato lo shampoo e la roba per fare la doccia dal suo paese.

Anche le pulizie non le fanno abbastanza perché i dipendenti della Auxilium si lamentano che li pagano poco e che il loro stipendio è basso.
Quelli della Auxilium ti ridono in faccia e ti accoltellano alle spalle, buttano le pietre e nascondono la mano.
Li chiami e non viene nessuno, sono troppo furbi.
Dei poliziotti non ne parliamo proprio, se dici “buongiorno” non ti rispondono.
Quando rimandano le persone al loro paese le legano come un pacco postale, legano mani e piedi e mettono una fascia sulla bocca per non farle gridare, per non farle sentire al pilota.
Ti fanno salire per ultimo così nessuno ti vede.
I poliziotti sono pronti per intervenire e dare botte come in un mattatoio.
I detenuti spesso si sentono male, hanno fatto il viaggio in mare, vengono dal loro paese e non sanno palrare, nessuno li capisce e la polizia li mena per farli calmare, così quelli dormono e basta.
Gente venuta da un’altra cultura, un altro mondo diverso dall’italia.
Gente che non ha paralto con nessuno e non ha visto niente dell’italia e si sente presa in giro, incompresa.
Le persone qui vorrebbero parlare ma nessuno li capisce, non hanno lingua per parlare e nessuno li ascolta, quindi per questo si ribellano e la polizia li picchia con i manganelli, con calci, pugni e tutto.

Un altro problema: la gente è venuta dal mare, fanno viaggi della morte per arrivare qua.
Quando arrivano sentono sei mesi e gridano tutta la notte, non hanno la testa normale e chiedono al medico tranquillanti perché hanno solo paura del domani, non dormono la notte e cercano un modo nelle medicine.
Gli infermieri ti danno le terapie per drogati e la gente dorme tutto il giorno, hanno la faccia gonfia come drogati e la notte urlano e gridano, sono disperati.
Prendono le gocce e se il giorno dopo devi partire te ne danno di più, così quando ti vengono a prendere non capisci nulla, è per evitare che ti ribelli alla deportazione.

Le nostre richieste sono:

Vogliamo che tutti i cittadini italiani sentano la nostra voce, che vicino a Roma ci sono 250 persone che soffrono di brutto, tutti giovani, donne e uomini, gente che è venuta qua in italia perché sogna la libertà, la democrazia. Perché non abbiamo vissuto la democrazia, abbiamo sentito quella parola ma non l’abbiamo mai vissuta.

Noi chiediamo l’aiuto della gente fuori, aiutateci e dovete capire che qua c’è gente che non ha fatto male a nessuno e che sta soffrendo.

Noi soffriamo già 6 mesi, figurati 18 mesi. Se passa la legge qui c’è gente che fa la corda perché già così, con i sei mesi, c’è gente che si è tagliata le mani, figurati con diciotto mesi, la gente si ammazza, la gente esce fuori di testa.

Chiediamo che la gente là fuori, tutti, anche i partiti politici, faccia di tutto per non far passare quella legge.

Chiediamo che la gente fuori, ogni giovedì mattina, vada a vedere a Fiumicino le persone portate via con la forza, che vada a fermare il massacro.

Un gruppo di detenuti del Cie di Ponte Galeria

Provincia – Cpa, Sorgia (Pdl): «È da spostare»

 

Mercoledì 06 luglio 2011
I l Centro di prima accoglienza non dovrebbe essere situato a Elmas, ma da qualche altra parte. Lo afferma il consigliere provinciale del Pdl Alessandro Sorgia, secondo il quale il Cpa posizionato in quella zona rischia di danneggiare ulteriormente la stagione turistica. «I sardi stanno provando a rilanciare il turismo, ed è soprattutto per questo motivo che ho chiesto la convocazione di un tavolo con le parti interessate per vedere se è possibile spostare quel Centro in altre zone». «Quello a ridosso dell’aeroporto è un centro di prima accoglienza – ha risposto l’assessore provinciale alle Politiche sociali, Angela Quaquero – per cui nessuno dovrebbe rimanere al suo interno per più di 3 giorni.È nel potere del ministero dell’Interno cercare luoghi alternativi». 
da unione sarda

Solidarietà al NOTAV

GRAZIE!!!
a chi ha dato vita a un’indimenticabile giornata di resistenza popolare

contro gli interessi mafiosi e la militarizzazione dei territori.

Con la Libera repubblica della Maddalena nel cuore.

NO TAV sempre
tutte e tutti liberi!
Nobordersard – Cagliari