Archivi del mese: novembre 2013

COME IL VENTO

come il ventoIl 28 novembre esce il film Come il vento sulla vita di Armida Miserere. Il film ripercorre la vita di una delle prime donne direttrici di carcere, e, con il solito taglio revisionista, ne da un’impronta buonista e preme sul lato sentimentale della vita della direttrice, suicida a Sulmona nel 2003.

La Miserere soprannominata dai detenuti dell’ Ucciardone (Palermo) la Femmina bestia, ha iniziato la sua carriera a 28 anni, figlia di militare e laureata in criminologia inizia lavorando nelle carceri di mezza Italia: Voghera, Ucciardone, Lodi, Milano e tanti altri per finire con Sulmona. I diversi soprannomi che le diedero i detenuti erano specchio della sua ferrea disciplina. In un’intervista disse che i detenuti sanno solo lamentarsi e che lei apprezzava i detenuti che sopportano la detenzione e non si rivolgono alle istituzioni per richiedere trattamenti risocializzanti o che fanno degli esposti, sostenendo che il carcere non è un grand hotel.

Nel 1990 il suo compagno che lavorava con lei in carcere venne ucciso in un agguato di camorra. La vita della direttrice da allora non fu piu’ la stessa e la portò ad un lento declino culminato nel suicidio.miserere

Il cinema italiano negli ultimi anni ha preso una strada antipatica e pericolosa. In diversi film mira a dare uno sguardo diverso e spesso revisionista a tante delle vicende oscure italiane. Quello che negli anni 70/80 si era distinto come un cinema d’inchiesta e di denuncia in tutti i diversi generi cinematografici si è ora trasformato in uno strumento utile al potere per fornire il suo sguardo alle vicende raccontate.

Così nel tempo si sono succeduti film come Diaz, Acab, Romanzo di una strage che danno agli spettatori una doppia sensazione : lo sdegno per l’accaduto ma anche il dubbio e la speranza che ci siano dei “poteri buoni”.

Il film Come il vento ha lo stesso scopo, lo sdegno per le condizioni carcerarie, ormai sulla bocca di tutti, ma anche rivalutare una figura come quella della Miserere.

In alcuni racconti di detenuti si possono leggere però la ferocia e la disciplina di una donna che girava per i corridoi con la mimetica e che sosteneva che all’arrivo in un nuovo carcere lei doveva fare il giro delle mura per marcare il territorio come i cani, parole sue.

Le sue invettive contro i carcerati sono frutto delle condizioni di tortura che gli stessi prigionieri subiscono anche tutt’ora. Le condizioni di vita dei condannati sono sempre una voce in secondo piano rispetto alle voci istituzionali, come se lamentarsi fosse una condizione naturale del detenuto e quindi un qualcosa di interesse minore. Credo invece che siano le voci piu’ vere e reali di cio’ che accade tra quelle mura.

Se ripercorrerete libri e storie sulle carceri scoprirete chi era realmente Armida Miserere e quanto i suoi nomignoli fossero meritati. Un libro che possiamo consigliarvi e’ Mi bastava uno spicchio di cielo delle edizioni Archiviu biblioteca T.Serra, sulla storia di Francesco Catgiu che ebbe la sfortuna di conoscere direttamente la direttrice.

Per quanto mi riguarda credo che questo tipo di operazioni mediatiche vadano boicottate in toto. Non andare a vedere il film è un modo per far capire che si è stanchi di questo tipo di cinema. Non andare a vedere il film serve a capire che chi tortura nelle carceri non ha niente di bello da raccontare e che il suo ricordo sarà solo passeggero e non lascerà nulla, se non fastidio, proprio come, a volte, fa il vento.

Saltata l’udienza di domani contro i 5 attivisti, non si conosce ancora la data del rinvio

Non è un paese per donne

Anche Cagliari ieri 25 novembre si è tinta di rosso, si è messa in ghingheri per quella fiera delle istituzioni che ormai è diventata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Un tripudio di scarpette rosse, drappi, passeggiate, letture e spettacoli. Occasione golosa per Le Pari Opportunità di mostrare come si sta lavorando bene, sciorinare dati e farsi lustro di una serie di servizi gestiti in realtà da associazioni, di differente natura e dalle differenti pratiche, che fanno il vero “lavoro sporco”. La morale è: la violenza sulle donne è un problema prioritario che viene egregiamente affrontato.

Peccato che la retorica sottostante tenda ad astrarre completamente il reale fenomeno della violenza sulle donne. Come e perché la violenza sulle donne esista e si riproduca non viene mai analizzato davvero. I soggetti agenti della violenza vengono costantemente omessi, questi compagni mariti fidanzati padri fratelli amici diventano delle entità impalpabili, irreali, inesistenti. Le donne dal canto loro sembra che non possano essere altro che vittime. Donne vittime che diventano un oggetto di pubblicità per le istituzioni che tanto si impegnano su questo importantissimo problema sociale. Donne che restano oggetti, che non hanno un effettivo spazio di parola e di azione.

D’altronde la “donna-vittima” è funzionale ad uno stato in cui il femminicidio viene usato come pretesto per legiferare misure repressive, per militarizzare territori e per rafforzare le misure di controllo. Sarebbe oltremodo scomodo 25Nuscire dalla retorica delle donne come soggetti deboli da tutelare e proteggere, soprattutto quando la violenza sulle donne che reagiscono viene operata proprio dallo stato stesso. Siamo in un paese dove vieni caricata e manganellata se osi manifestare con uno striscione che recita “Nei Cie la polizia stupra”, dove rischi di subire abusi sessuali da parte di qualsivoglia corpo delle forze dell’ordine se vieni fermata in Val Susa o ti ritrovi nella Diaz di turno. Siamo in un paese dove nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne la polizia ha caricato sotto il Quirinale le Cagne Sciolte, donne che manifestavano in giro per la città puntando diversi obiettivi tra cui quello di contestare l’arrivo di Putin e portare solidarietà al gruppo delle Pussy Riot. Le scarpe rosse vanno bene, i passamontagna colorati no.

Lo stato ci vuole proteggere e difendere a patto che restiamo degli oggetti, il cui utilizzo varia a seconda del contesto e dell’opportunità politica.

Viviamo in un paese per donne-vittime e se questo ruolo non ci sta bene ci pensa lo stato a ricordarci, fisicamente, che la violenza sulle donne esiste e va presa sul serio.

Domani 27/11 continua il processo per diffamazione al dott….Turri

Domani continua il prcesso ai cinque attivisti denunciati per diffamazione dal buon dottor Turri. La vicenda risale a qualche anno fa, quando al reinserimento nel ruolo di direttore del reparto di psichiatria, degli attivisti si recarono nel reparto dell’ospedale di Is Mirrionis a volantinare e informare la gente di quanto era avvenuto due anni prima, cioè gli avvenimenti legati alla vicenda della morte di Giuseppe Casu, nel reparto di psichiatria sotto la gestione di Turri.

Il dottore non prese bene la cosa e decise di denunciare gli attivisti. Così questo processo si inserisce come quinto nell’ambito della morte di Giuseppe Casu.

DOMANI 27/11 ORE 9 TRIBUNALE DI CAGLIARI PIAZZA REPUBBLICA, LA SEDUTA E’ PUBBLICA, PARLERA’ UNA PARTE DELLA DIFESA.

Per maggiori info sull’argomento andare nel reparto antipsichiatria del blog

oppure sul sito: http://veritaxmiopadre.blogspot.it/

 

Processo a un antifascista

Stamattina nelle aule del tribunale minorile di via Dante a Cagliari si è svolta la prima udienza del processo a un antifascista cagliaritano accusato di aver organizzato la manifestazione non autorizzata del 25 Aprile 2012 (18 TULPS).

Da un punto di vista tecnico l’udienza è stata abbastanza velocemente rinviata all’8 Marzo perché il pm ha accolto le richieste dell’accusa di aggiungere il capo di imputazione di resistenza a pubblico ufficiale. IMG_20131125_105338

Per oggi il coordinamento antifascista cagliaritano aveva convocato un sit in fuori dal tribunale che ha visto un ottima partecipazione, sono stati distribuiti volantini per tutta la durata del presidio. Oggi si è registrata un’ottima partecipazione anche delle forze dell’ordine che hanno pensato che fosse il caso di mobilitare addirittura 15 uomini fra digos e carramba per monitorare la situazione. Prima hanno impedito, su presunta disposizione del procuratore, l’ingresso a chiunque in aula e poi si sono premuniti di fermare e identificare alcuni partecipanti al presidio. Il presidio si è comunque concluso positivamente esprimendo un importante posizione di solidarietà e presenza antifascista.

RICREAZIONE PERMANENTE

L’assedio alla Regione

Il corteo del 22 novembre si preannunciava l’evento clou della mobilitazione studentesca.

Preparato con grande cura è arrivato nella settimana dell’alluvione e delle grandi piogge. Ieri mattina non ha fatto eccezione. Alle otto vari cortei sono partiti dalle scuole di tutta Cagliari sotto una pioggia battente in direzione del concentramento di piazza Repubblica. Poco per volta gli studenti si sono radunati sino a raggiungere il migliaio di presenze. Tra torce, indecisioni e qualche tensione con l’onnipresente digos, verso le 9.30 il corteo ha iniziato a risalire via Alghero.

assedioL’attesa per il corteo si è tramutata immediatamente in un clima acceso e molto partecipato. I cori riempivano il vuoto di una Cagliari bagnata e sonnacchiosa. Un enorme striscione (“Ci vogliono in ginocchio. Noi ci solleviamo”) apriva il corteo contenuto ai lati da tanti altri striscioni delle singole scuole. Silenziosi cellulari della polizia chiudevano il serpentone che incalzato dalla pioggia battente percorreva velocemente le strade del centro. I cori più fragorosi erano quelli dedicati agli sbirri che, ben inzuppati, oggi avevano meno voglia del solito di sogghignare e non gli rimaneva che filmare e fotografare i “chi non salta uno sbirro é”. Arrivati nelle vie pedonali il corteo si è colorato dei fumogeni e illuminato con le torce. Non sono mancati i cori e gli interventi sulle responsabilità di stato e regione sull’enorme catastrofe dell’alluvione.

La partecipazione, ieri così numerosa, è stata a differenza di altre volte attiva e decisa: i cori si diffondevano dalla testa alla coda del corteo e viceversa. La voglia di creare una giornata diversa dal solito, poco per volta, è diventata sempre più palpabile.

Non intimorito dalle prime defezioni causa pioggia lo striscione ha fatto il giro intorno a Carlo Felice ed è sceso in via Roma. All’ingresso della via dei palazzi del potere la testa del corteo ha subito una mutazione cromatica, al dissiparsi di una grande nube arancione una macchia scura sorreggeva convinta lo striscione, a metà di via Roma la testa del corteo ha leggermente aumentato l’andatura, arrivati in vista del palazzo regionale sono apparsi i celerini in assetto antisommossa a difesa dell’ingresso. Il corteo senza esitazione è entrato sotto i portici ed è andato dritto fino a che lo scontro è stato inevitabile. Ai primi spintoni i celerini, inizialmente colti leggermente impreparati, hanno iniziato a manganellare le prime file, che hanno retto diversi minuti, fino a ricompattarsi e poco dopo indietreggiare e riguadagnare la strada dove c’è stato un lungo fronteggiamento a distanza pieno di rabbia e adrenalina.

Il corteo ha reagito con un misto tra convinzione e timore appoggiando comunque in toto la chiamata alla manifestazione “l’assedio alla regione”.

Le cariche hanno regalato numerosi contusi di cui quattro successivamente portati in ospedale con diversi tipi di lesioni. Durante la prima carica un ragazzo fuoriuscito dalla mischia è stato prontamente catturato dalla digos che lo ha portato via e lontano dagli occhi di tutti gli ha riservato pugni e schiaffi; successivamente è stato trasportato in questura e sottoposto alla misura di fermo. Dopo qualche ora è stato rilasciato con tre denunce a carico: manifestazione non autorizzata resistenza e violenza a pubblico ufficiale.

Il corteo si poi spostato sotto il Martini (istituto tecnico commerciale) e successivamente in piazza san Cosimo dove ci si è dati appuntamento per un’assemblea nel pomeriggio alla facoltà di lettere.

Ieri si è vista una manifestazione che finalmente ha lasciato da parte le solite paranoie e pompierismi, ciò non si è verificato per caso ma è figlio di un percorso di esperienze di piazza spontanea ma meditata. Per questo forse ci si può sbilanciare giudicando il corteo di oggi come il migliore degli ultimi anni. Quest’accezione è valida solo se questo sarà un punto di esperienza per proseguire in una crescita conflittuale ricca di contenuti, e non si esaurisca invece in un’autocelebrazione prolungata per una rissa di cinque minuti con la polizia.

Droni…eccoli

Qualche anno fa fu condotta una lotta contro la costruzione dentro il poligono di Quirra di un aeroporto militare indirizzato principalmente alle esercitazioni dei droni. Allora l’uso di questi aggeggi era quasi esclusivamente riservato ai teatri di guerra, ma era chiaro a chi si stava occupando di quella battaglia che i risvolti in ambito civile o comunque l’uso in ambienti quali le città era cosa assolutamente scontata.

Così è stato infatti. Proprio oggi l’Unione celebra i video di un drone lungo il litorale del poetto, di per se questo potrebbe sembrare ben poco rilevante, ma andando a vedere quali altri servizi offre la ditta che ha realizzato quel video tutti i dubbi svaniscono.

provare per credere: http://www.droneimagine.com  vai in “servizi”

drone

RICREAZIONE PERMANENTE

 

Il bastone e la carota 

Il 22 Novembre ci sarà a Cagliari un corteo regionale indetto dagli studenti medi per ribadire la loro contrarietà alle politiche legate all’istruzione e non solo, austerità, crisi, repressione, controllo, lavoro. Venerdì mattina, 15 Novembre, era stato organizzato un corteo preparatorio appunto alla chiamata del 22. Gli studenti non hanno risposto in massa come forse ci si poteva aspettare e augurare, chi come al solito a risposto in massa, puntuale e preciso è la sbirraglia. Forse presa dall’agitazione di tre iniziative in una sola mattinata (erano previste anche iniziative di Unica 2.0 e della CGIL) ha messo in movimento un numero decisamente consistente di uomini e mezzi tra cui anche i playmobil di Carabinieri e Guardia di Finanza.

Verso le 9.00 il gruppo di studenti medi ha deciso di muoversi da Piazza del Carmine in direzione del centro, al solito gli si è parato davanti un nugolo di digossini che con la solità ansia e prepotenza pretendeva di avere percorso e autorizazzione firmata prima di farli partire. Ne è nata una discussione dai toni accesi e con qualche mano fuori posto, ci si è trovati in un attimo in una specie di parapiglia da cui la digos ha portato via un ragazzo e creato non poca tensione tanto che si sono avvicinati anche quei dormiglioni dei playmobil. La situazione non è ulteriormente degenerata e forse anche questo ha fatto si che il giovine venisse velocemente rilasciato con solo due graffi e una ramanzina come ricordo.
Poco dopo, tornata la calma, il corteo è partito, attraversando il Largo e arrivando in Piazza Yenne, dove nel frattempo era in corso il sit-in di Unica2.0 (i commenti su questa iniziativa sono assolutamente superflui…), proseguendo successivamente per le vie del centro.
 
 
Come accennato nell’editoriale è interessante vedere come le forze di polizia si comportino nei confronti di questa realtà, sembra proprio che abbiano ricevuto l’ordine di usare la carota e il bastone, prima minacce e ritorsioni poi permettendo che un corteo non autorizzato si muovesse per il centro. Chissà se la cosa andrà avanti, se ci sono realmente calcoli sopraffini dietro, se il 22 preferiranno la carota o il bastone.
 

RICREAZIONE PERMANENTE

‪…Tutti in strada finalmente

Cagliari, Ottobre Novembre 2013.‬

ricreazione_permanenteNon essendo amanti della trita e ritrita dialettica movimentista non descriveremo un possibile o palpabile autunno caldo, ma un insieme di situazioni che intiepidiscono l’ambiente, coinvolgono giovani, meno giovani e giovanissimi e sono un interessante spunto di analisi per chi nonostante tutto vorrebbe un autunno bollente.

I protagonisti di queste situazioni, un po’ a sorpresa o forse no, sono gli studenti e non certo i lavoratori che continuano le loro patetiche proteste sotto ministeri e palazzi regionali.

Troppo spesso le lotte studentesche non sono state capaci di andare oltre le mura delle scuole e delle università. Su tutto l’esempio recente della risacca subita dalla stragrande maggioranza degli universitari che parteciparono all’onda.

Sicuramente queste situazioni sono un contesto privilegiato per la nascita collettiva ed individuale di una coscienza politica che però deve trovare in altri contesti nuova linfa per crescere e alimentarsi, il rischio è altrimenti un continuo accendersi e spegnersi di focolai con precise tempistiche dettate dall’andamento di quadrimestri ed anni accademici.

Nel frattempo la classe lavoratrice o disoccupata è troppo presa a raccontare e raccontarsi le proprie miserie e disgrazie perdendo ancora tempo su tempo, adeguandosi perfettamente al gioco dei padroni che non vogliono altro che docili masse fintamente incazzate che rafforzino un senso di democrazia sempre più latente ma comunque necessario allo status quo; da qua ben vengano i grandi cortei, le delegazioni e i capipopolo, purché non si sfoci mai nello scontro, nell’attacco o nella riappropriazione perché questi si, potrebbero mandare in crisi la democrazia dimostrandosi immediatamente utili, divertenti e efficaci.

Sono proprio alcuni di questi aspetti che caratterizzano positivamente le iniziative degli studenti, che finalmente slegatisi dalle paranoie dei partiti studenteschi e dai ricatti di professori in preda al riflusso hanno deciso di manifestare a modo loro, facendo tesoro di alcuni insegnamenti diretti e indiretti che la loro seppur giovane carriera li ha già riservato.

Due su tutti, avversione nei confronti della polizia, sfiducia nei confronti della politica istituzionale, dei partiti e dei personaggi politici di rilievo.

Con queste basi si muovono per le strade della città con una naturalezza disarmante sia per gli spettatori che per i poliziotti. Cortei spontanei si snodano in città facendo impazzire i digosini sempre piu’ spesso costretti a correre e ad alzare la voce, a ricorrere a minacce e quant’altro per far desistere i giovani.

L’autonomia di movimento è la novità; l’adeguamento della risposta delle forze di polizia è la conferma che questi percorsi possono essere esperienze conflittuali che lasciano un segno in chi le vive.

A Cagliari, perlomeno negli ultimi dieci anni l’atteggiamento delle forze dell’ordine nei confronti degli studenti, fossero essi medi o universitari, è sempre stato basato sul tentativo di recupero delle lotte, sul rapido autoconsumo della disponibilità degli studenti, che infatti ogni anno dopo Natale ritornavano bravi bravi dietro i banchi a testa china. Non si ricordano facilmente cariche ai cortei studenteschi, si ricordano piuttosto tentativi di intimidazione, isolamento di alcune persone o frange apparentemente meno recuperabili. Torniamo sempre qua, il recupero delle lotte.

Gli studenti storicamente sono fra le categorie meno ricattabili, hanno poco da perdere, non hanno certo un padrone che li ricatta o una famiglia da mantenere, se sono giovani non possono votare e non hanno neanche la malizia del calcolo politico. Proprio per questo possono fare paura, possono innescare delle abitudini di piazza diverse dallo sfilare tutti belli autorizzati, muti e inutili. Magari non porteranno all’insurrezione, ma di certo non ringrazieranno la celere per aver protetto la sede del Banco di Sardegna da possibili attacchi… E infatti la pressione e l’attenzione riservatagli dai bellimbusti in divisa e in borghese sta aumentando, ricordando poco per volta quella usata in altre situazioni.

Le attenzioni che questo movimento ha attirato su di se non sono solo quelle poliziesche ma anche quelle della destra, dei fascisti. Presentatisi col nome accattivante di STUDENTI SARDI IN RIVOLTA i fascistelli di CasaPound hanno provato più volte a inserirsi nelle assemblee, nei cortei e nelle scuole, le parole d’ordine da 90 anni sono le stesse, siamo tutti studenti, lottiamo tutti per la stessa cosa, fascisti o comunisti se siamo studenti siamo uguali. E anche questa situazione è stata gestita bene, i fascisti sono stati allontanati smascherati e umiliati, le loro iniziative boicottate e contestate, tutto quello che i prodi lavoratori sardi non hanno mai saputo e voluto fare negli ultimi anni quando note figure dell’estrema destra sarda hanno cavalcato l’onda del malcontento per portare acqua al loro mulino.

Forse tutto si rivelerà l’ennesima bolla di sapone, scoppierà di nuovo sulle più classiche contraddizioni, ma forse non lascerà il tempo che aveva trovato. L’abitudine a prendersi i propri spazi come quando e dove si vuole non è cosa da poco. Negli ultimi anni i gruppi che si sono mossi seguendo queste pratiche sono stati perseguitati, condannati e anche manganellati. Chissà che in Via Amat non stiano prendendo precauzioni in questo senso.

Forse quest’anno varrà la pena tenere d’occhio come avanza l’autunno, preparandosi anche a partecipare attivamente a partire dal 15 novembre quando ci sarà un corteo studentesco preparatorio alla chiamata regionale del 22 a cui ci auguriamo ci sia una risposta numerosa ed eterogenea. Sarebbe bello per questa volta lasciare a casa mediazioni, pensieri, calcoli politici e snobismo.

La redazione

La rivincita degli Apache

apacheCinquanta persone che assaltano una caserma dei carabinieri per salvarne altre cinque dal trasferimento in carcere.
Non è successo qui ma a Taranto. Ed è una succosa notizia che riporta la Repubblica on line. I cinque erano stati fermati per il furto di un carico di rame e acciaio da un vecchio ipermercato.

“Dopo l’arresto in flagranza di reato erano stati condotti nella piccola caserma per le formalità di rito. Poco dopo le 19, i militari si apprestavano ad accompagnarli in carcere. Ma quando quegli uomini hanno fatto capolino sull’uscio di quel fortino è scoppiato il putiferio. I cinque in manette hanno cominciato ad inveire e ad urlare, chiamando la rivolta. E la tribù ha risposto come un solo uomo. Come un’orda di pellerossa sul sentiero di guerra i cinquanta parenti dei fermati si sono scagliati contro il cancello. Si è temuto il peggio. I militari sono subito rientrati nella casermetta, tenendo a stento gli uomini in manette che gridavano: Forza andate a chiamare gli altri.”

Un vero e proprio assedio perpetrato da donne, uomini e ragazzini che hanno messo in seria difficoltà i pochi carabinieri di turno e lo stuolo di forze dell’ordine accorsi in sostegno dei loro colleghi barricati come nelle migliori scene da film western.
Peccato che alla fine gli assedianti siano stati dispersi, che i cinque fermati siano stati incarcerati e che la “giustizia” abbia trionfato.
La caccia agli assedianti pare essere già partita, ma chissà se i prodi eroi in divisa riusciranno a sconfiggere un simile clima di complicità e solidarietà.
I film western non mi sono mai piaciuti, perché io tifavo sempre per i pellerossa.