Archivi del mese: febbraio 2014

Professione: Prostituta

All’ordine del giorno della riunione di oggi del Consiglio comunale di Marrubiu vi è il punto “Case di tolleranza. Discussione sull’abolizione della legge Merlin, indirizzo di opinione del Consiglio.” L’Unione Sarda dello scorso venerdì ha dedicato a questa notizia un articolo dall’originalissimo titolo “Riapriamo i bordelli”.
Si tratta di una proposta portata avanti dal sindaco e dalla maggioranza per la discussione di “un tema d’attualità” che possa produrre un documento da inviare al Governo.
Le parole del primo cittadino di Marrubiu sono chiarificatrici di quale sia la logica sottostate ad azioni di questo tipo: “riteniamo che la riapertura delle case di tolleranza rappresenti il rispetto della dignità delle donne, non più costrette a stare per strada. Ma è anche una questione di igiene, lotta alla criminalità e soprattutto un aumento della fiscalità.” Sotto un generalgenerico rispetto della dignità delle donne non vi è neanche il più blando tentativo di camuffare quello che è il reale interesse delle diverse piccole realtà amministrative (principalmente sono proprio i comuni che si fanno promotori delle proposte di abolizione della legge Merlin): il vile denaro che le “povere donne sbattute per strada” sono in grado di far girare.
Questi tentativi abolizionisti, soprattutto nelle loro magre rappresentazioni mediatiche (ci si può realmente aspettare che alti esempi di giornalismo come l’Unione facciano un’inchiesta dettagliata su questi temi?), finiscono per fare un nauseabondo calderone di una serie di aspetti diversi che compongono lo spinoso tema del lavoro sessuale.
sexworkL’aspetto fondamentale costantemente omesso è che la prostituzione non è riconosciuta come lavoro ma allo stesso tempo non è illegale. Un limbo giuridico nel quale i comuni, che propongono la riapertura delle case chiuse, sperano di sguazzare per sanare i propri bilanci sgocciolanti.
Lo sfruttamento della prostituzione quello si che è illegale ma, guarda un po’, lo è anche la maggior parte delle migrazioni che vanno a rimpolpare le fila delle sfruttate del sesso (le vittime di tratta) che sono dunque due volte private della propria libertà: costrette al lavoro sessuale e illegali in quanto “clandestine” che dunque rischiano un bel soggiorno nel cie di turno.
Quello a cui assistiamo in questi discorsi è una sovrapposizione (che anche il Parlamento europeo ha appena fatto con l’approvazione della risoluzione Honeyball) tra le vittime di tratta e le sex workers che scelgono liberamente di fare del sesso la loro professione. La riapertura delle case chiuse coinvolgerebbe solo quest’ultima categoria, in quanto non illegale, quindi non risolvendo minimamente la questione della tratta e limitandosi a mettere a posto le pie coscienze.
Ma l’aspetto più grave che queste proposte implicano, oltre alla banalizzazione di un fenomeno complesso, è il non riconoscimento delle e dei sex workers (si, sono principalemente donne, transgender ma anche uomini) come soggetti in grado di autodeterminarsi ed autorganizzarsi, ignorando completamente le rivendicazioni che da anni portano avanti, prima fra tutte il riconoscimento della prostituzione come lavoro.

Dietro la prostituzione ci sono persone reali, in grado di decidere per se stesse, che se ne fanno ben poco di tutto questo moralismo finto progressista (quello tradizionalista cattolico è più che sufficiente) che le vorrebbe chiuse dentro una casa di tolleranza senza neanche riconoscerle.

Ricordate gli F35?

Quei cacciabombardieri ipertecnologici per 90 dei quali lo stato italiano ha firmato un accordo d’acquisto con la Lockheed Martin con una cifra che si aggira tra i 13 e i 17 miliardi di euro? Si, Proprio loro.
E ricordate che questa brillante mossa, di uno stato in piena crisi economica, fa parte di un programma militare (il “Joint strike fighter”) che gli Stati Uniti hanno lanciato ad altri otto paesi alleati?
E che, nonostante le polemiche nate l’estate scorsa abbiano portato all’approvazione di un’inchiesta sull’efficacia del programma, la partecipazione dell’italia al programma stesso non è stata messa in discussione?

f35Bene.
Eccoci ad oggi: è del 14 febbraio la notizia del contratto in favore della Vitrociset, l’azienda che -tra l’altro- gestiste il Poligono interforze del Salto di Quirra, per la produzione dei supporti tecnici per gli f35. Ed indovinate dove verranno costruiti? Esattamente nello stabilimento di Capo San Lorenzo.
L’Unione Sarda del 16 febbraio riporta un’intervista al presidente operativo della Vitrociset, Giorgio Zappa, da cui apprendiamo che la commessa prevede la costruzione di 54 carts, ovvero dei carrelli che forniranno elettricità e condizionamento agli f35 a terra anche nelle condizioni climatiche più estreme. Il costo di ogni cart si aggira intorno ai 15 milioni di euro, un lavoro in collaborazione con il Distretto Aereospaziale della Sardegna che prevede l’assunzione di quaranta/cinquanta persone.
Nel corso dell’intervista le polemiche rispetto all’acquisto degli f35 vengono magistralmente aggirate puntando l’accento sull’importanza dello sviluppo tecnologico e del ruolo che azioni del genere possono giocare. La stessa logica viene applicata all’esistenza del Poligono e alle sue attività:
“E’ necessario uno sforzo per comprendere l’utilità di queste strutture e sfruttarle per creare occasioni di crescita. Ci sono nuove sfide tecnologiche da compiere. Si possono mettere in atto importanti sperimentazioni. Il tutto può avvenire senza pregiudizi di sorta, con il massimo della trasparenza” ha dichiarato il presidente operativo di Vitrociset.
Ricapitolando: alla fine l’acquisto dei famigerati cacciabombardieri non è una mossa così malvagia se porta lavoro e la possibilità di crescita tecnologia, ed i problemi legati al Poligono di Quirra sono fondamentalmente legati alla mancanza di trasparenza, mica alla militarizzazione di un territorio e all’inquinamento da nanoparticelle. Due piccioni con una fava insomma.

Ma non è che i piccioni siamo noi?

Proteste, battiture e scioperi a Massama, ex 41 bis chiedono l’avvicinamento a casa

Dall’Unione Sarda:

Protesta nella casa circondariale di Massama. Mafiosi e camorristi che hanno terminato il carcere duro, chiedono di essere riavvicinati a casa.

massama

Anche a notevole distanza si potevano sentire le urla e il rimbombo di oggetti metallici battuti contro le sbarre alle finestre. E’ la forma di protesta scelta dai detenuti del carcere di Massama. Sono stati un centinaio quelli che hanno contestato in maniera così rumorosa l’amministrazione penitenziaria. A motivare l’iniziativa, secondo quanto riportato dal sito internet del quotidiano La Stampa, che ha pubblicato il video, sarebbe il tentativo da parte dei detenuti, di dare forza alla richiesta di essere avvicinati a casa. Mafiosi e camorristi, sottoposti a regime di Alta sorveglianza, sono arrivati a Oristano divisi in più scaglioni, nei mesi scorsi, alimentando più di una polemica. Nulla però che abbia impedito al ministero della Giustizia di proseguire nel suo piano di distribuzione degli ex 41 bis nelle carceri sarde. Ora sembrano essere proprio i detenuti a non aver gradito la sistemazione. Non tanto per la qualità del carcere oristanese, di recente inaugurazione, quanto per la lontananza dalle famiglie. Molti hanno appena terminato il regime del carcere duro e chiedono di poter scontare la pena nelle regioni di origine. Sul tavolo del giudice di sorveglianza ci sono già numerose richieste di trasferimento. Alcuni detenuti avrebbero anche rifiutato il cibo della mensa per dare più risalto alla protesta che si sarebbe ripetuta più volte nei giorni scorsi. La situazione è sotto controllo, ma l’episodio potrebbe rafforzare la richiesta del sindacato di polizia di potenziare l’organico degli agenti, ritenuto inadeguato.

Questo il link del video della protesta dal sito de La Stampa:

http://lastampa.it/2014/02/20/multimedia/italia/carcere-oristano-mafiosi-detenuti-in-sciopero-QkHYWGWlmJLObaUnIOp4MI/pagina.html

Questo l’articolo de La Stampa:

Il silenzio della campagna di Massama è rotto dalle urla. Voci incomprensibili e rumori fortissimi che arrivano dalle celle del supercarcere: nella sezione alta sicurezza la rivolta è in corso già da parecchi giorni. Quasi duecento detenuti esiliati da mesi in Sardegna, tutti mafiosi e camorristi, fanno lo sciopero della fame e all’ora del tramonto organizzano questa rumorosissima protesta. Sbattono pentolini e altri oggetti in ferro contro le grate delle finestre e sulle sbarre che si affacciano su una distesa sterminata di campi e pochissime abitazioni intorno. Hanno già scritto al magistrato di sorveglianza ma nessun altro, a parte gli abitanti di questo paesino, si è reso conto della protesta che sta agitando il penitenziario di Oristano.

 

Per raccontare e riprendere quello che accade tra le celle e i corridoi della piccola Alcatraz sarda bisogna attraversare le strade infangate e i campi di carciofi della zona di Pedriaxiu, alle spalle della chiesetta delle Vergine Assunta, lungo la strada Provinciale che da Oristano porta a Siamaggiore. Le prime urla si sentono qualche minuto dopo le 19, quando gli agenti della Polizia penitenziaria fanno il cambio del turno. Il baccano va avanti a lungo e si ripete anche durante la notte. Qualcuno dà il via e gli altri rispondono quasi subito. Tra una cella e l’altra si crea una sorta di dialogo: qualcuno fischia, qualcun altro lancia grida disperate. Il tono sale velocemente e per oltre mezz’ora il baccano attira l’attenzione della gente. «Da quando c’è questo carcere noi non viviamo più tranquilli – racconta un contadino – La presenza dei mafiosi, ma soprattutto quella dei loro parenti che vengono qui per i colloqui, ci spaventa non poco. Qui non è mai successo niente di grave, ora non vogliamo che venga messa a rischio la sicurezza della nostra comunità».

 

Di mafiosi e camorristi, nel penitenziario di Oristano (la provincia che anche quest’anno ha ottenuto il riconoscimento della più sicura d’Italia) ce ne sono oramai centosessanta. Molti sono condannati all’ergastolo, quasi tutti hanno appena finito di scontare il periodo di carcere duro del 41bis. Quattro delle sei sezioni della gigantesca struttura (inaugurata poco più di un anno fa e costata circa 40 milioni di euro) sono dedicate all’alta sicurezza e proprio in questi corridoi è iniziata la rivolta. «Non è uno sciopero della fame, semmai lo sciopero del vitto – fanno sapere dal carcere – Rifiutano il cibo della mensa, mangiano esclusivamente i prodotti che possono cucinare con i loro fornelli dentro la cella».

 

Le ragioni della protesta sono diversi. Il trasferimento in Sardegna è il motivo che accomuna tutti: «Questo è un esilio inaccettabile – dice la moglie di un palermitano arrivata in Sardegna per un colloquio di poche ore – Ai detenuti viene negato il diritto di incontrare i propri parenti. Noi non possiamo venire in Sardegna frequentemente: i collegamenti sono molto complicati e anche piuttosto costosi. Al massimo, possiamo prendere l’aereo una volta al mese».

 

Poi c’è anche la questione della corrispondenza, ma da qualche giorno il personale ha consegnato tutti i pacchi arrivati da Campania e Sicilia che erano rimasti fermi a lungo nel deposito. «Per controllarli tutti accuratamente ci vuole un po’ di tempo – precisano dalla direzione – Sulla sicurezza non possiamo commettere leggerezze e dopo le ultime evasioni l’attenzione è salita ulteriormente».

SABATO 22/2 SERATA NO TAV

SABATO 22 FEBBRAIO ORE 19 E 30 BARACCA ROSSA VIA PRINCIPE AMEDEO -CAGLIARI, MARINA-
notav.bassa
IL 22 FEBBRAIO IL MOVIMENTO NO TAV HA INDETTO UNA GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE IN SOLIDARIETA’ CON NICCO, CLAUDIO, MATTIA E CHIARA, I QUATTRO NOTAV ARRESTATI IL 9 DICEMBRE CON L’ACCUSA DI TERRORISMO.
CLAUDIO DA UNA SETTIMANA E’ IN ISOLAMENTO TOTALE NEL CARCERE DI FERRARA
CHIARA E’ IN ALTA SORVEGLIANZA A REBIBBIA
NICCO E MATTIA SONO ANCHE LORO IN ALTA SORVEGLIANZA A ALESSANDRIA.
L’ACCUSA DI TERRORISMO E’ DI UN DURISSIMO ATTACCO AL MOVIMENTO NOTAV E A TUTTI I MOVIMENTI POPOLARI CHE SI OPPONGONO DIRETTAMENTE SENZA INDUGI ALLE IMPOSIZIONI DELLO STATO.
LE ACCUSE DI TERRORISMO SONO UNA MINACCIA TERRIBILE, LE PENE POSSONO ARRIVARE FINO A VENT’ANNI, E IL REATO CONTESTATO E’ UN ATTACCO NOTTURNO AL CANTIERE IN CUI ANDO’ A FUOCO UN GENERATORE……
NON POSSIAMO PERMETTERE CHE QUESTA MOSSA DELLO STATO PASSI SOTTO SILENZIO
NON POSSIAMO LASCIARE SOLI NICCO, CLAUDIO, CHIARA E MATTIA MENTRE LO STATO LI TORTURA NELLE GALERE CON SPOSTAMENTI CONTINUI, ISOLAMENTO, CENSURA DELLA POSTA E TANTO ALTRO.
CASSA ANTIRERESSIONE SARDA
COORDINAMENTO ANTIFASCISTA CAGLIARITANO

DAVIDE DELOGU IN SCIOPERO DELLA FAME

Palermo -PAGIARELLI PRESONI 11/2/2014

Ciao, spero tutto bene! Come vedi unisco a questa il verbale che mi hanno notificato oggi. L’unico della giornata e nei giorni precedenti ne ho ricevuti degli altri, sempre inerenti alle cartoline dal “tenore anarco-insurrezionalista”. Si è dunque scoperto che il censore non gradisce neanche la libertà di stampare le cartoline che possano esprimere la propria creatività, utilizzando a piacimento l’art. 38 comma 6 del regolamento di esecuzione che dice che si può eseguire il trattenimento solo se ci sono “contenuti che costituiscono elementi di reato o che possono determinare pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza”. Alla faccia dell’interpretazione! Queso non succede neanche nelle sezioni AS2! Comunque lo farò notare anche all’avvocato quando verrà.

Intanto sono dal 7 febbraio in sciopero della fame contro il 14bis e la sua bestialità.

Anche perché mi è stata fatta la proroga di altri 3 mesi, sempre con l’arbitrio di cui sono capaci. Poi mi è stato riferito che il Consiglio di disciplina che ha emesso il parere favorevole alla proroga ha inviato al Dap la proposta di trasferirmi in un altro carcere che abbia sezioni di AS2. Insomma vedremo quel che accadrà.

Com’è andata invece l’Assemblea del 25? Dimenticavo che per la proroga ho nominato l’Avv. di Milano così ne potete prendere visione.

Allora sarà per la prossima cartolina! Ti saluto con un abbraccio di lotta! Stammi bene!

Davide

da “L’Unione Sarda” Buoncammino, iniziano i trasferimenti Nella struttura ancora 345 detenuti

Iniziano i trasferimenti dei detenuti dal carcere cagliaritano di Buoncammino, che presto chiuderà, in vista dell’apertura della nuova struttura di Uta.

“I detenuti in regime di Alta sicurezza – annuncia Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme – sono stati quasi del tutto trasferiti in attesa dell’inaugurazione del nuovo carcere di Uta. Attualmente sono rimasti nell’Istituto solo quei cittadini privati della libertà che sono in attesa di declassificazione oppure impegnati in udienze”. “Per la prima volta dopo oltre un lustro di sovraffollamento il carcere di Buoncammino registra 345 detenuti, cioè il numero regolamentare di presenze. La detenzione in Alta Sicurezza – precisa Caligaris – è gestita direttamente dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che, incurante delle condizioni di vita di ciascun ristretto e del percorso rieducativo in atto, attua trasferimenti considerando le persone come pacchi postali. Così alcuni detenuti anziani, che stavano ultimando di scontare la pena, sono finiti a Bad’e Carros, altri a Tempio-Nuchis o a Oristano-Massama. Alcuni di quelli che si trovavano nel Centro Clinico per motivi di salute sono stati mandati a Parma, Bari o Genova”. In Sardegna i detenuti in regime di Alta sicurezza possono essere reclusi solo a Nuoro, Oristano-Massama e Tempio-Nuchis. A Sassari-Bancali e a Cagliari-Uta saranno invece ospitati i detenuti in massima sicurezza (41 bis).

La DIGOS indaga…

Dall’Unione Sarda:

CAGLIARI, INDAGINI SU PROTESTA DEI RIFUGIATI

QUESTORE:”INTERVENTO DEGLI ESTREMISTI”

“Non cadete nella strumentalizzazione di esponenti dei movimenti estremisti locali”. E’ quanto ha detto il questore di Cagliari, Filippo Dispenza, ai cittadini stranieri con permesso di soggiorno per il riconoscimento di asilo politico. L’incontro era stato fissato dal numero uno della questura dopo l’ultima protesta che aveva portato al blocco del traffico tra via Roma e il Largo Carlo Felice. Hano partecipato anche i rappresentanti degli enti interessati (servizi sociali del Comune di Cagliari, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, Provincia di Cagliari, Caritas e le forze di Polizia).

lente

Il questore è stato netto: “Sull’attività di strumentalizzazione e disinformazione da parte dei movimenti estremisti locali sono in corso le indagini della Digos. Si stanno verificando eventuali responsabilità penali”. Dispenza ha poi evidenziato il riconoscimento, per gli stranieri, dei loro diritti ma anche dei doveri. I cittadini stranieri hanno a disposizione un’offerta del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati: la possibilità “di un inserimento abitativo e sociale per coloro che ne facciano richiesta nei termini previsti dalla normativa vigente e chiarire l’insussistenza di particolari provvidenze individuali”. Un programma finanziato dall’Unione Europea.

FUGHE…DI BUONE NOTIZIE

Ieri 12 febbraio una lieta notizia blocca l’aereoporto cagliaritano di Elmas. Nove reclusi del CIE  riescono a fuggire bloccando l’aereoporto per un paio d’ore. Per ora solo due sono stati ripresi dalle forze dell’ordine, speriamo che gli altri assaporino il piu’ possibile la libertà.

Ad aumentare la gioia arriva anche la notizia di una fuga di due detenuti dal carcere di Rebibbia a Roma,in una lettera hanno scritto “scusate, torniamo presto”. I due dopo aver segato le sbarre hanno fatto una corda di lenzuola annodate e si sono calati dalla cella.

Uno purtroppo è stato riacciuffato, speriamo l’altro continui ad avere la libertà ad accompagnarlo,sempre.

Tutti libere!!!!

Aggiornamento processo contro attivisti antipsichiatria

La settimana scorsa si è svolta la quarta udienza del processo contro i cinque attivisti accusati di diffamazione dall’ex primario del reparto di psichiatria dell’ospedale di Is Mirrionis, Gianpaolo Turri.

L’udienza ha visto la partecipazione della dott.ssa Del Giudice, chiamata dalla difesa, che ha fatto una ricostruzione molto interessante e precisa di cosa accadde nel periodo in cui lei era una dirigente della ASL 8, lo stesso periodo in cui morì Giuseppe Casu. La Del Giudice per questo fatto diede le dimissioni.

L’udienza ha visto una buona presenza di solidali e le solite ipocrite parole dell’avvocato dell’accusa e qualche divertente uscita dell’ex primario.

La prossima e ultima udienza è stata fissata per il 4 Giugno alle 11.30.

Questo processo, che forse vedrà i cinque attivisti condannati, ha avuto ancora una volta però il merito di riportare la questione di Giuseppe Casu a galla, di far sentire Gianpaolo Turri accusato e sotto giudizio (parole del suo avvocato), di parlare di cosa sia la psichiatria, di cosa accada nei reparti psichiatrici, di cosa siano TSO e contenzione. Piccoli passi di un percorso che deve assolutamente proseguire fuori dai tribunali, perchè non sono bei luoghi, e perchè le eventuali condanne non risultino vane.

La scritta sul muro che scotta

E’ girata la voce che in viale Fra Ignazio fossero apparse delle scritte di critica sull’operato della Caritas e di altre associazioni sulle questioni dei migranti.

Neanche il tempo di togliersi la curiosità di leggerle che non c’erano già più…