Archivi del mese: marzo 2014

INSUSCETTIBILI DI RAVVEDIMENTO

La Cassa Antirepressione Sarda, organizza la rassegna cinematografica “INSUSCETTIBILI DI RAVVEDIMENTO”.

L’iniziativa si inserisce nel percorso di informazione e raccolta di fondi che la cassa ha intrapreso da circa un anno.
Le proiezioni si terranno nella sede di ACCASARTI in Via San Giuseppe 15 nel quartiere di Castello a Cagliari.

L’orario di inizio è fissato per le 19.00 circa a seguire chiacchierata sui temi dei film e cena benefit, per finanziare le attività della cassa e per sostenere Accasarti.

La prima proiezione si terrà GIOVEDì 3 APRILE DALLE 19.00, verrà proiettato IL MUCCHIO SELVAGGIO – THE WILD BUNCH,
film western di Sam Peckinpah, che si inserisce nel filone “moderno” del genere, non più soldati bravi e indiani cattivi, scazzottate e lieti fini, ma analisi e spaccati di un mondo duro dove non c’era spazio per tutti e dove molti trovarono modi di vivere al di sopra di leggi e regolamenti, creando miti e leggende di cui vale la pena guardarsi la storia insieme.
La rassegna durerà tre settimane, le proiezioni saranno sempre il giovedì. wild bunch

Verona – Guardie carcerarie aggrediscono un compagno durante un volantinaggio davanti al carcere di Montorio

Mercoledì 26 Marzo, durante un volantinaggio informativo sul presidio del 30-03-2014 a sostegno della mobilitazione nazionale dei detenuti (dal 5 al 20 aprile), un compagno che si trovava momentaneamente solo è stato aggredito e fermato da un gruppo di guardie penitenziarie. Inizialmente una di queste è uscita dalla recinzione di pertinenza del carcere provocandolo. Alla scarsa considerazione prestàtale, la guardia rientra ed esce accompagnata da un gruppo di altre 7-8 che aggrediscono il compagno e lo portano dentro. L’intenzione è di condurlo in matricola e metterlo in stato di arresto per potere così proseguire con l’aggressione. Aperte le porte del carcere arriva l’ordine del PM di denunciare a piede libero il compagno per affissione abusiva e resistenza.
Alle 12, dopo due ore e mezza di fermo, viene rilasciato. Ad attenderlo, un gruppo di solidali che continuano il volantinaggio.

 

da informa-azione.info

25 aprile 2014 i fascisti in piazza

rsiTristi e becere abitudini che si ripetono.

Anche quest’anno il 25 Aprile, teorica festa della liberazione dal nazifascismo, Cagliari avrà per le vie del centro una parata di fascisti che commemoreranno i caduti della Repubblica Sociale Italiana, alle 16.00 i nostalgici del ventennio si ritroveranno in Piazza Martiri delle Foibe a deporre una corona d’alloro e fare saluti romani, sotto l’occhio attento e vigile della DIGOS e protetti dalla goffaggine di decine e decine di celerini.

Solo un mese e mezzo fa, il 10 Febbraio, si era creata la stessa situazione, nella giornata del ricordo per gli infoibati, una ventina di fascisti si erano recati nel medesimo parco a deporre la corona, forse anche quella la stessa.  A Febbraio la questura preoccupata da possibili disordini aveva mobilitato un quantità veramente esagerata di sbirranza, bloccando strade e deviando il traffico e riuscendo nei fatti a impedire che si creassero tafferugli, l’unica forma di contestazione registrata furono dei petardi e dei cori nei dintorni della commemorazione.

Il 25 Aprile però non ci sarà solo la parata serale, ci sarà una cerimonia simile la mattina a Quartu. Insomma per un giorno ci ritroveremo città e l’hinterland militarizzati dagli sbirri che devono difendere e tutelare la libertà di espressione dei fascisti… Le due iniziative sono entrambe state organizzate, almeno sulla carta, dal partito La Destra (che non a caso ha la sua unica sede a Quartu) e sponsorizzate dal suo leaderino Caruso che si sta sbattendo alquanto sui social network per convogliare più gente possibile a entrambe le cerimonie, per evitare le otto presenze in un mare di sbirri che si registrarono l’anno scorso a Quartu.

Non sono ancora uscite notizie per quanto riguarda contrapposizioni e iniziative antifasciste in generale. Negli ultimi anni in varie forme le manifestazioni fasciste del 25 Aprile sono sempre state contestate, e spesso caricate dalla polizia. I due 25 Aprile più “caldi” per chi non se li ricordasse sono stati quelli del 2009 e del 2012, in cui la polizia caricò gli antifascisti riuscendo a disperderli, ferirli e poi anche denunciarli, tutto a difesa della commemorazione fascista. Come appena accennato il 25 Aprile è diventato un giorno importante anche per la questura cagliaritana, cha non ha mai lesinato, denunce, indagini e avvisi orali tutto sempre partendo dai controcortei antifascisti, a “onor del vero” in questa breve ricostruzione va ricordato che l’anno scorso furono denunciati alcuni fascisti per aver fatto proprio sotto gli occhi dei digossini più volte il saluto romano. Tra poco si giocherà l’ennesima mano di questa partita a tre.

Per ora queste sono le informazioni, farle girare può essere un primo approccio e abbozzo di avvicinamento al 25 Aprile.

P.S. Notizie non confermate dell’ultim’ora dicono che forse l’iniziativa pomeridiana del 25 a Cagliari non sarà in Piazza Martiri delle Foibe ma bensì in Piazza Costituzione… cambia poco.

 

Forza Italia presenta una mozione contro il “fenomeno” dei parcheggiatori abusivi.

Forza Italia presa dalla noia rispolvera vecchie passioni razziste. In questi giorni ha presentato una mozione in consiglio comunale per reprimere il “dilagante e pericolosissimo” fenomeno dei parcheggiatori abusivi. Nella mozione si richiedeva un intervento più deciso della Polizia Municipale e un controllo maggiore. Il documento è stato bocciato con 16 voti contrari del centrosinistra. “Ho già esposto il problema al Questore e Prefetto – ha spiegato il sindaco Zedda – ma al momento non risultano denunce, esposti, o segnalazioni alle autorità competenti, quindi non si possono adottare provvedimenti repressivi”, non si capisce se con questa dichiarazione il primo cittadino cagliaritano auspichi quasi l’arrivo delle denunce….mah…

La risposta dei Forza Italioti, “il fenomeno è preoccupante ed è sotto gli occhi di tutti – ha sottolineato il capogruppo di Fi, Giuseppe Farris – Si tratta di un’attività punita con sanzioni amministrative, e se accompagnata con l’estorsione, come spesso capita, è prevista la reclusione da cinque a dieci anni. In ogni caso l’attività dei parcheggiatori abusivi incide sulla libertà personale degli automobilisti, rendendo sempre meno sicura la città”.

“Il fatto che non esistano denunce non vuol dire che il fenomeno non sia allarmante – ha precisato Stefano Schirru, Fi – Stiamo forse aspettando che succeda qualcosa di grave per intervenire? I parcheggiatori abusivi sono ormai ovunque, soprattutto davanti agli ospedali dove le persone non vanno per svago, e sono sempre più insistenti”.

Le due dichiarazioni non meritano commenti… Val la pena ricordare che da anni ormai va avanti una campagna contro i migranti che lavorano per strada, siano essi parcheggiatori, venditori o altro. Sono voli pindarici in malafede i racconti di estorsione o minaccia, e ancora di più le paure di “succeda qualcosa di grave”, negli ultimi anni le cose più gravi infatti sono capitate proprio ai migranti che più volte sono stati pestati dai vigili urbani. Da ricordare il caso di un migrante ammanettato a un palo e poi picchiato e di un venditore di rose picchiato da un militare in licenza…

Piacenza, prigionieri devastano la sezione di isolamento

Da informa-azione.info:

21 marzo 2014 – Apprendiamo dai media locali che i detenuti della sezione di isolamento del carcere delle Novate, hanno devastato e allagato il reparto dove sono imprigionati. Secondo la testimonianza di un sindacalista dei secondini “tutti i detenuti del reparto isolamento hanno sistematicamente divelto tutto quello che potevano rompere, lavabi, bagni, lavandini, bidet, hanno addirittura rotto tubi dell’acqua; il reparto stamattina si presentava allagato e con tutti i pezzi sparsi per il corridoio, sembrava che fosse caduta una bomba sul quel reparto“. Nonostante non vi siano testimonianze dirette, è ipotizzabile si sia trattato di una strategia per ottenere collettivamente il trasferimento nelle sezioni comuni o in altre strutture; sicuramente un modo per rendere inagibile un pezzo dell’apparato detentivo. Da segnalare che nei giorni scorsi, oltre ad una rissa tra fazioni di detenuti di nazionalità diversa, un prigioniero era
stato trasferito in isolamento dopo una colluttazione con tre guardie,
da loro riportata come “aggressione immotivata”.

Nuovo appello del Coordinamento dei detenuti in vista della mobilitazione di aprile

APPELLO DEL COORDINAMENTO DEI DETENUTI

Dal giorno 5 al giorno 20 aprile del 2014 come “Coordinamento dei detenuti” abbiamo indetto una nuova mobilitazione all’interno di tutte le carceri italiane.

L’obbiettivo che ci siamo posti è quello di dare coscienza a tutti i reclusi che solo attraverso la lotta possiamo ottenere quelle migliori condizioni di vita che noi tutti chiediamo e che ogni rivendicazione deve necessariamente essere accompagnata da una azione collettiva di noi tutti.

L’inevitabile isolamento di queste mura rende difficile un’organizzazione estesa e ampia, ma noi non ci tiriamo indietro e con coraggio ci apprestiamo a far sentire la nostra voce sia all’interno che all’esterno di queste strutture.

Siamo consapevoli di non poter riuscire da soli nell’intento di mobilitare tutte le carceri, ma sappiamo allo stesso tempo che fuori possiamo contare sul sostegno di migliaia di solidal* che condividono l’idea che il carcere non sia la soluzione ma il problema di una società piena di contraddizioni.

Con questa nota chiediamo a tutti voi di dare la giusta visibilità alla nostra iniziativa del prossimo aprile diffondendo il più possibile il comunicato, che trovate allegato, sulla rete e sui mezzi di informazione invitando i vs contatti a fare lo stesso; ci appelliamo inoltre a tutte le organizzazioni anticarcerarie, ai movimenti politici e non, agli antagonisti, ai famigliari dei detenuti e agli ex-carcerati affinchè vengano organizzare all’esterno dei penitenziari italiani presidi informativi e di solidarietà nei giorni precedenti e durante la mobilitazione di aprile.

Nessuna galera potrà contenere la nostra voglia di libertà!

Coordinamento dei Detenuti

Questo il primo comunicato: https://nobordersard.wordpress.com/2014/01/28/lettera-del-coordinamento-dei-detenuti/

Sul progetto del mega parcheggio nelle mura di Castello

Da Castedduonline:

Parcheggio interrato di via Cammino Nuovo, anche Legambiente insorge contro il progetto. Secondo l’associazione dalle relazioni elaborate a seguito di nuove indagini integrative al progetto, richieste dagli uffici della Regione Sardegna, risulta che “la realizzazione del parcheggio interrato comporta ingenti opere di scavo, sia sul terreno di riporto sia sulla roccia, ed indispensabili strutture di sostegno che andrebbero ad intaccare l’integrità delle mura cinquecentesche.  Per questo esprimiamo la nostra contrarietà all’intervento, e proponiamo una radicale rielaborazione del progetto che passa per una generale programmazione del sistema della mobilità in città e nei quartieri storici in particolare”. Nei prossimi giorni ci sarà un nuovo incontro con l’amministrazione comunale.

“Sul progetto di riqualificazione dell’area del Cammino Nuovo ed il previsto Parcheggio di scambio – rende noto Legambiente in una nota – abbiamo già a suo tempo presentato le nostre osservazioni, che ponevano due condizioni irrinunciabili: la salvaguardia dell’integrità del complesso monumentale costituito dal sistema delle mura e lo scavo per  inserire il parcheggio interrato  limitato al  “solo il terreno di riporto e non incidere  la roccia viva”. L’esito delle  indagini integrative e le corrispondenti relazioni  di analisi, hanno  fatto emergere, a nostro parere, una serie nuova di questioni inerenti la stabilità del complesso basamento roccioso e mura soprastanti, che costituiscono un insieme ben assestato e consolidato, oltre che un unicum di straordinario valore monumentale e paesaggistico. Infatti la relazione geotecnica indica la necessità di realizzare, in via preliminare agli scavi, opere di consolidamento dell’intero  paramento  murario  mediante  un sistema di tiranti metallici  trasversali, da ancorare sia in profondità, nella roccia viva, sia sul paramento esterno, con piastroni metallici, presumibilmente da rendere tra di loro solidali.  A questo si aggiunga che le opere di scavo non potranno prescindere dalla realizzazione di una struttura complessa  in cemento armato tipo “berlinese”, da infiggere a filo delle mura con scavo completamente in roccia fino a 15 metri di profondità ed a sua volta  con necessità di ancoraggio alla roccia retrostante  mediante un numero elevato di tiranti metallici trasversali.camminonuovo_parco20121__1

Emerge inoltre la previsione di scavare la roccia (tramezzario) per un grande volume,  con effetti non facilmente preventivabili: le vibrazioni dello scavo meccanico possono causare cedimenti nella roccia, la porzione di roccia rimossa depaupera la resistenza all’appoggio del muro soprastante, la sede di imposta del detto muro sarebbe alterata, così come il quadro statico complessivo. Inoltre lo scavo in roccia risulta prevalente nel complesso dell’intero volume di scavo necessario ad inserire il parcheggio multipiano. La roccia destinata ad asportazione per frantumazione e scavo potrebbe, altresì, contenere cavità (naturali e artificiali) nonché corpi idrici sotterranei, il cui assetto risulterebbe sconvolto dalle operazioni, potendo causare ulteriori squilibri e dissesti anche importanti, ed anche nel lungo termine.

In sostanza  la proposta progettuale prevede che il più importante ed imponente monumento della città, costituito da oltre 2 km di sistema fortificato, di cui i bastioni di S. Croce rappresentano il settore più integro, configurando una struttura paesaggistica unica, caratterizzata dal portato storico delle migliori tecniche costruttive del 1300, del 1500 e del 1800 venga trasformata in un complesso che si reggerà grazie all’impiego delle nuove tecnologie, ma invasive.  Dalle nuove indagini si rileva, a nostro parere, che le opere in progetto, nonostante l’impegno migliorativo profuso, appaiono ancora così impattanti  da comportare seri rischi di alterazione dell’equilibrio geomorfologico e compromissione dell’integrità del complesso monumentale, architettonico e paesaggistico. Soprattutto vorremmo lasciare in eredità alle future generazioni un complesso fortificato integro e migliorato rispetto allo stato attuale”.

Se di Legambiente vale forse la pena solo sfruttare gli studi che ha fatto per avere una visione più completa della situazione, è necessario invece sentire bene cosa dice l’assessore ai lavori pubblici del comune di Cagliari, la Marras ha dichiarato di aver ascoltato i gruppi ambientalisti ma con eleganza politichese ha anche fatto capire che questo non cambierà niente, ha proprio precisato anzi che il PARCHEGGIO SI FARA’. Sarebbe forse il caso allora di riflettere su come mettere qualche bastone fra le ruote di comune e speculatori…

Lettera di Mattia da Alessandria

Casa Circondariale di Alessandria, prima metà di febbraio

Apprendo ora che è stato fissato l’inizio del nostro processo con relativa lista delle parti offese, tra le quali:

– Commissione Europea
– Consiglio dei Ministri
– Ltf
– Alcuni operai
– 3° Reggimento degli Alpini di Pinerolo
– Carabinieri di Sestriere
– Poliziotti di Imperia
– Finanzieri di Torino
Segnalo ai Pubblici Ministeri che hanno scordato Dudù e la nonna di Alfano.
Approfitto inoltre della circostanza per comunicare la mia lista dei testimoni:
1. Lo spesino del carcere delle Vallette che mi ha visto cambiare la bomboletta del fornello e che è dovuto intervenire prima che asfissiassi l’intera sezione D per manifesta incapacità pratico-manuale. Sue testuali parole: «Se tu hai guidato un gruppo d’assalto io mi chiamo Giulia Ligresti».
2. Mio cugino che mi vuole un sacco bene.
3. La talpa meccanica.
Sicuro che i commediografi di stanza al Tribunale di Torino prenderanno in considerazione i miei suggerimenti per il casting, faccio loro presente di avvisare i responsabili del personale che:
– Totò lo spesino adora gli arrosticini
– Mio cugino è vegetariano
– La talpa meccanica ha un debole per l’amianto
Chiedo dunque di provvedere ad un adeguato pranzo al sacco e ad una congrua diaria.
Colgo anche l’occasione per avanzare pubblica rimostranza per il fatto che il mio coimputato Claudio Alberto è stato trasferito a Ferrara e pertanto non potrà più vedere i goal del Toro sul t.g. Piemonte (unica cosa che valga la pena vedere sul suddetto t.g.).
Saluto infine i Pubblici Ministeri e il giudice per le indagini preliminari e ricordo loro che per una svista, dopo averci trasferito un una sezione di Alta Sicurezza, imposto la censura sulla posta, sospeso i colloqui, costretto al divieto d’incontro tra coimputati, si sono dimenticati di sospenderci il diritto alle ore d’aria, ai pasti e all’ironia. Chiedo pertanto loro di prendere al più presto provvedimenti in tal senso e di adeguarsi alle più recenti prassi giurisprudenziali che oltre ad applicare le leggi antiterrorismo ai no tav, prevedono efficaci tecniche persuasive come, ad esempio, il waterboarding o gli elettrodi applicati al basso ventre.
Mi rendo conto che siano pratiche che non sempre si addicono alle usanze democratiche… ma io dico, diamine, fatto trenta facciamo trentuno! Che poi, diciamolo, quella della democrazia è una credenza folklorica, al pari del Bigfoot o dellla Befana. Possibile che nel 2014 dobbiamo ancora credere alle favole? Un po’ di serietà, perdio! Qui c’è pur sempre gente che rischia anni e anni di galera…
Bene, concludo questa mia accorata missiva certo che il vostro coraggioso progressismo non vi impedirà di prendere in considerazione i miei suggerimenti.
Vi saluto cordialmente e vi auguro buona inquisizione.

Mattia

murales

UNA BRECCIA NELLE MURA?

Immagine

Martedì 11 marzo una discreta folla si è riunita sotto il palazzo del comune in via Roma per protestare contro il progetto del parcheggio multipiano di via Cammino Nuovo a Cagliari, nel cuore di Castello. Il progetto prevede la costruzione di un parcheggio su tre livelli e l’allestimento di un parco dove ora sorge il parcheggione sopra l’ospedale.

La costruzione del parcheggio include uno scavo all’interno delle mura del quartiere mettendo a rischio, oltre all’estetica, l’aspetto archeologico ed idrogeologico del sottosuolo.

Il sindaco Zedda dal canto suo, da vero politicante si rimangia le dichiarazioni contrarie alla costruzione del parcheggio date qualche mese prima delle elezioni e appoggia in pieno il progetto.

La giunta in gran parte lo segue e lo appoggia.

Cagliari è una città in cui evidentemente, la lobby dei costruttori continua a farla da padroni, una città in cui i progetti di parcheggi prevalgono rispetto a un piano di costruzione di edilizia popolare o rispetto ad un utilizzo corretto delle auto che così viene incentivato e non frenato.

Le mura di Castello, simbolo della città saranno sventrate e gli abitanti, magari con scuse tipo sicurezza e pericolo crolli, saranno mandati via e resteranno persi nelle lungaggini burocratiche di un Comune amico dei forti e nemico dei deboli.

Durante il presidio sotto il municipio sono tante le voci degli abitanti contrari al progetto, alcuni membri della giunta scendono a parlamentare ma pensano bene di andarsene appena le domande e le critiche incalzano, altri,strategicamente, escono dall’ingresso posteriore del comune. Il sindaco latita e una delegazione viene invitata a parlare alla giunta ma dopo un breve consulto il comitato degli abitanti decide che farsi imbonire dal politichese non gli interessa e rifiuta di salire.

Ora, il 18 marzo ci sarà l’assegnazione dell’appalto e i lavori inizieranno a breve, sarebbe il caso di organizzare una resistenza per far capire che le istituzioni non possono fare e disfare come credono sul nostro territorio, che siano valli, campagne o mura cittadine.

Una resistenza sarebbe doverosa per far capire che quelle mura, in piedi da secoli, possono ancora reggere di fronte a soldatini in giacca e cravatta con il vizio del soldo e della speculazione.

Bracconaggio, un problema che non se ne va.

Nelle ultime settimane i quotidiani locali hanno riportato varie notizie riguardanti i consueti problemi con il bracconaggio. Monti di Capoterra e Monti dei Sette Fratelli le location più gettonate e prese di mira dai bracconieri, che con fucili o centinaia di trappole ogni anno uccidono centinaia e centinaia di animali. La guardia forestale ogni tanto becca qualcuno, ogni tanto fa opera di pulizia delle trappole, ma il più delle volte può fare ben poco, di fronte a territori immensi, difficile da controllare dove è complicato muoversi e dove è molto più facile prendere un cervo che un bracconiere. Questo non è un auspicio all’imprigionamento dei bracconieri ne un’assoluzione ai forestali è però parte del quadro della situazione.

Il problema vero però non sta solo nel reato e in chi lo dovrebbe evitare, nel senso che non si risolverebbe la faccenda eliminando i bracconieri, il problema è culturale, nella gente che compra e richiede senza problemi la carne di animali protetti, o la polpa di riccio nel periodo di fermo biologico per la riproduzione. Il problema è che la gente lo fa perchè in fondo crede che non sarà quel barattolino di polpa o quel cervo morto a provocarne l’estinzione e a rovinare l’habitat nel quale vivono. Di fondo il problema è l’ignoranza, il distaccamento e la disaffezione verso la natura sempre più marcato nella nostra società e in particolar modo dei centri più grandi. Sarà un caso che le due zone più colpite dai bracconieri siano le più vicine a Cagliari?

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Di seguito un articolo su questo argomento pubblicato qualche anno fa su “Sa Tiria”:

Bracconaggio, una piaga sempre aperta.

Da sempre il peggior nemico degli animali è l’uomo, che siano essi carnivori, eribivori, pesci o volatili. L’uomo e l’antropizzazione sono state le cause di tutte le estinzioni avvenute negli ultimi secoli sulla terra.

Alcune estinzioni risalgono a talmente tanti anni che in molti non credono possibile che certi animali vivessero proprio nelle montagne che vedono tutte le mattine davanti a casa propria.

Un esempio su tutti sono gli orsi, diffusi in maniera abbastanza uniforme in tutt’Europa ora abitano solo alcuni fra gli angoli più sperduti e protetti del vecchio continente. In Italia sono scomparsi dalla Sicilia, da tutto il meridione e da buona parte di Alpi e Appennini.

Questo è solo uno dei tanti esempi, ma veniamo ora ai casi e alla realtà di cui ci interessa parlare, la Sardegna e la fauna sarda.

Per iniziare, occorre ricordare che la fauna sarda come quella di tante isole presenta numerosi endemismi, ossia specie appartenenti ai ceppi madre delle specie ma con caratteristiche, dimensioni, colori e abitudini uniche e caratterizzanti sviluppatesi nei secoli adattandosi a climi e terre diverse.

Gli endemismi sardi più diffusi sono il cervo sardo, il muflone, il cinghiale, la volpe e svariate specie di rettili e anfibi. Non è chiaro se anche il daino fosse da annoverare in questa lista poichè venne estinto prima che si potessero fare i necessari studi.

Il bracconaggio è un triste fenomeno diffuso in tutto il mondo, si tratta dell’uccisione illegale di specie protette o dell’uccisione in zone e periodi non consentiti.

Quando circa un secolo fa iniziarono a diminuire sensibilmente alcune specie animali pressate e braccate da una caccia incessante iniziarono a nascere le prime forme di protezione, ed è in quel momento che i cacciatori di pelli, di corna, artigli eccetera non volendo sottostare a queste regole divennero bracconieri.

I mercati continuarono e continuano a chiedere ciò che è proibito, che grazie a questa condizione aumenta notevolmente di valore attirandosi l’attenzione dell’avidità e della crudeltà umana.

Pelli di linci, ermellini, opossum, corna di rinoceronte, zanne di elefante, pinne di squali, testicoli e organi di tigri valgono migliaia di euro nei mercati clandestini di tutto il mondo.

Questo in scala più piccola ma altrettanto pericolosa per la vita degli animali, avviene anche in Sardegna. Negli ultimi cinquantanni abbiamo visto sparire dalla nostra isola numerose specie, le più famose sono le foche monache, il daino, l’avvoltoio monaco e il gipeto. Tutte a causa dell’uomo, tutte a causa del piombo dei proiettili.

Come sia potuto succedere? Le cause sono tante, ma le principali sono l’ignoranza e l’avidità. Le foche sono state estinte nella costa orientale a colpi di pallettoni perchè bucavano le reti dei pescatori per rubare i pesci e perchè sempre più soffocate da un turismo crescente iniziarono a partorire i loro piccoli nel buio delle grotte dove spesso questi nascevano ciechi impendendo così il ricambio generazionale. I daini furono sterminati per le loro abitudini mansuete e tranquille, di uscire allo scoperto delle selve all’imbrunire, per cercare erbe e germogli, dove invece trovarono solo fucili spianati, l’ultimo fu ucciso negli anni 60 nei boschi di San Vito, nessuno saprà mai se quei daini erano una specie unica.

L’avvoltoio monaco e il gipeto furono invece sterminati principalemtne dall’ignoranza dei pastori e dei cacciatori, i primi erano convinti che fossero pericolosi per il loro bestiame i secondi avevano già in passato la mania del sparare a tutto ciò che si muove o vola.

Su quest’ultimo caso vale la pena spendere due parole in più perchè è emblematico della poca cultura della natura che caratterizza le persone. In Sardegna esistevano tre specie di “avvoltoi”, mangia carogne, oltre ai due già citati esisteva e prova a (r)esistere ancora il grifone, questi tre magnifici rapaci insieme ai corvi imperiali e alle volpi ricoprivano un ruolo fondamentale nelle montagne della Sardegna, gli spazzini.

Essi nutrendosi delle carogne evitavano il pericoloso diffondersi di malattie e infezioni di cui spesso le carogne sono portatrici, il tutto seguendo un preciso rituale e una particolare divisione dei compiti. Le volpi normalmente si occupavano di trovare e segnalare involontariamente i cadaveri, i grifoni erano i primi ad arrivare e a cibarsi delle parti molli, poi giungevano corvi e avvoltoi monaci a mangiarsi il grosso e infine arrivavano i gipeti che portavano in cielo le ossa (a volte intere carcasse) e le facevano ricadere in modo da romperle e potersi poi cibare del midollo, insomma una catena di smontaggio ben oliata. Questo è solo uno dei tanti esempi di come l’uomo e la sua ignoranza intervenendo violentemente non solo danneggiano la specie interessata ma anche tutti gli incastri che permettono agli ecosistemi di sopravvivere.

Dopo questa lunga ma necessaria introduzione passiamo al vero fatto di “cronaca” di cui vogliamo parlare, l’enorme diffusione del fenomeno del bracconaggio in Sardegna al giorno d’oggi. In particolare parleremo della spietata caccia al cervo sardo e agli uccelli del sotto bosco.

Il cervo sardo portato sull’orlo dell’estinzione verso la fine degli anni ’70 gode oggi di discreta salute, numericamente è in una situazione abbastanza tranquilla e i suoi areali si stanno espandendo sia naturalmente sia tramite ripopolamenti. Storicamente diffuso in tutti i massicci dell’isola verso la fine degli anni ’70 era confinato in tre zone non comunicanti fra loro, i monti dei Setti fratelli nel sudest dell’isola, i monti di Capoterra nel sudovest e nelle dune fra Montevecchio e Piscinas, in quest’ultima zona in un censimento di inizio anni ’80 furono censiti solo 13 esemplari. Nell’ultimo ventennio un’opera di sensibilizzazione e difesa ha permesso di tornare alla situazione attuale cioè ad avere qualche migliaio di esmplari. Purtroppo ne la creazione di oasi, ne una maggiore sensibilizzazione hanno messo un freno ai bracconieri, che sempre più spietati continuano la loro opera. Vediamo come. Le pratiche più diffuse sono due, la caccia di notte, con l’ausilio di fari o direttamente da fuoristrada e l’uso di migliaia di micidiali lacci in acciaio in cui i cervi e non solo rimangono intrappolati fino a morire d’inedia o di coltellata del bracconiere sopraggiunto.

cervo mortolll

Il primo metodo permette di “scegliere” la preda che nella tranquillità della notte e abbagliata dai fari spesso si concede a un facile tiro, i pericoli di questa pratica stanno nella possibilità di essere rintracciati grazie all’eco dello sparo ma fra i monti è molto difficile riconoscere la provenienza di un solo sparo, già un secondo permette almeno un orientamento di massima, questo però ammettendo che ci sia qualcuno che ascolta e che poi vada a cercare.

Il secondo metodo è completamente differente, necessita di una conoscenza dei boschi molto dettagliata e di lunghe camminate per evitare sentieri e strade battute. Il bracconiere una volta individuata una piccola porzione di bosco dove c’è un regolare passaggio di cervi, spesso nei pressi dei ruscelli, posiziona un laccio in ogni passaggio cercando di non lasciargli scampo. Questo vale anche per “le strade” dei boschi, ossia quei sentieri spesso nelle zone più impervie e nascoste dove gli animali passano abitualmente per scollinare o per risalire un costone. Girando per i boschi del sudovest è facile imbattersi nei lacci, probabilmente un bracconiere in una giornata di posizionamento dei lacci ne mette una cifra variabile da 50 a 200, dopodiche passa i giorni successivi a controllare se qualcuno è caduto in trappola. Non sono solo i cervi a rimanere intrappolati, anche cinghiali, volpi, cani e tutti i quadrupedi del bosco. Può anche capitare che un bracconiere non vada a controllare i lacci lasciando gli animali alle loro sofferenze fino alla morte, o anche che un animale rimanga intrappolato in un vecchio o vecchissimo laccio, lontano dagli occhi e dalle orecchie di tutti.

Queste scene terribili sono abbastanza comuni, non è raro imbattersi in cervi, cinghiali e volpi morte, di cui si intravvede solo più qualche osso e l’inconfondibile laccio d’acciaio attaccato a una zampa.

La cultura della caccia e della pesca illegale è purtroppo molto radicata in Sardegna, ufficialmente dovrebbero essere i forestali a occuparsene ma è chiaro che il compito non è facile e non sono poche le voci che sostengono che alcuni forestali siano ottimi bracconieri, ma queste sono voci e comunuqe poco importano, certo la soluzione non è mandare un povero cristo in prigione o fargli 12.000 € di multa, qualcuno propone il sequestro dei fucili ma anche questa mi sembra ben poco risolutiva come opzione.

Io considero questo articolo come l’inizio della seconda fase della mia lotta al bracconaggio (dopo aver tolto centinaia di lacci e continuare a farlo), il bracconiere esiste perchè c’è qualcuno che compra ciò che lui uccide, cercare di portare nelle case delle persone un pò di cultura in questo senso potrebbe essere l’arma vincente, in assenza di clienti il bracconiere dovrebbe trovarsi un altro lavoro. Potrebbe sembrare un progetto utopistico, e un pò già mi piace, ma in realtà ci sono esempi di come questo lavoro abbia avuto successo, in passato esisteva un commercio sottobanco di tartarughe marine, quando queste diminuirono sensibilmente, e contemporaneamente si diffuse un lavoro informativo, la richiesta cessò e anche la caccia illegale, ora esistono due centri per la cura delle tartarughe ferite. Due parole a proposito del bracconanggio a danno dei cosiddetti uccelletti, gli uccelli del sottobosco anch’essi oggetto di caccia spietata. Qui chiaramente si tratta di forme di caccia completamente diverse, la più diffusa è il cosiddetto crine di cavallo, cioè un filo sottile con due o tre cappi attaccato a due pezzi di fildiferro apposti su un ramo, di questi se ci si imbatte nella porzione di bosco giusta e possibile trovarne centinaia, anche perchè la cattura è più difficile. Meno diffusa ma più efficace è la rete, una rete a maglie finissime appesa a due alberi che intrappola tutto quel che ci passa dentro. Anche qua vale lo stesso discorso di prima, il bracconiere mette le trappole e dovrebbe passare poi ogni giorno a controllare e prelevare le prede, appostamenti a questa fase sono le strategie assai poco redditizie che usano i forestali per provare a beccare qualcuno, ma è facile immaginare come siano di difficile attuazione.

Come ultimo elemento porto dei racconti che ho sentito a proposito dei “tubi fucile”, pericolossisime trappole per la cattura prevalentemente del cinghiale. Si tratta di tubi di ferro con un rudimentale detonatore in grado di far esplodere uno o più pallettoni, apposti al lato di un sentiero di passaggio della selvaggina hanno come innesco un filo che se tranciato dal passaggio dell’animale mette in funzione il tubo che spara uccidendo l’animale. Diffusi fino a qualche decennio fa ora pare che siano in quasi totale disuso, anche se due anni fa un escursionista vide il suo cane morire per aver fatto saltare l’innesco. Si dice che i bracconieri li sistemino la notte e li tolgano la mattina, per evitare incidenti e attirarsi troppe attenzioni.

I bracconieri esistono se la montagna e i boschi sono disabitati e sconosciuti, troppe persone non hanno idea di cosa ci sia a pochi chilometri dalle loro case e dai loro posti di lavoro. Riappropriarsi delle conoscenze della terra e degli animali è il primo passo per vivere meglio ed evitare che la natura continui la via della distruzione totale.