Archivi del mese: febbraio 2020

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3 MARZO – PRESIDIO AL TRIBUNALE CONTRO LE SORVEGLIANZE SPECIALI

SORVEGLIANZA SPECIALE

Genova – Comunicato sul blocco dei carichi di guerra della Bahri Yanbu

Pubblichiamo il comunicato del CALP (Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali) di Genova in merito all’ennesimo blocco del terminal dove avrebbe dovuto attraccare la Bahri. Nell’ultimo anno il CALP insieme alla proficua collaborazione con compagni e solidali sta fornendo uno degli esempi più interessanti e efficaci di contrasto alla guerra e agli interessi economici ad essa connessi.

Per chi come noi, vive in una città di mare e di porto come Cagliari, queste notizie non possono che essere di ispirazione per proseguire la lotta contro la guerra e l’occupazione militare della Sardegna.

Sono passati alcuni giorni dal presidio a Varco Etiopia contro l’arrivo della Bahri Yanbu e può essere il momento per alcune riflessioni e un abbozzo di bilancio.

Provando a districarsi nel grande meccanismo della guerra si corre il rischio di perdersi e di incrociare un’ipocrisia dopo l’altra. Di fronte a quest’enormità pare solitamente che non si possa fare nulla o che i gesti e le azioni rimangano di fatto inefficaci. A noi invece pare che quello che è successo negli ultimi mesi attorno alla lotta contro la Bahri sia importante e produca degli effetti reali: mentre conoscevamo conflitti semisconosciuti e luoghi dai nomi difficili abbiamo conosciuto altri compagni, vicini e lontani e che in qualche caso avevano cominciato questa battaglia ben prima di noi. Una dimostrazione della dimensione assunta è la variegata (e se consideriamo il giorno feriale e la pioggia, pure significativa) partecipazione al presidio di Lunedì 17: volevamo bloccare l’ingresso principale del porto e chi c’era è stato da subito disponibile a porsi su questo piano e il blocco è durato più di sette ore, in barba agli avanzamenti repressivi dei governi. Danni reali forse non molti, perché probabilmente le contromisure per la gestione del traffico portuale, deviato sui varchi secondari, erano state prese in anticipo. Ma comunque un segnale significativo.

Un segnale altrettanto importante crediamo sia stata la discussione sorta tra i lavoratori chiamati quel giorno a lavorare sulla Bahri Yanbu e il fatto che alcuni si siano rifiutati di farlo, optando per una sorta di obiezione di coscienza. Le operazioni di carico (solo materiale “civile”, lo ricordiamo) non sono state pregiudicate da queste scelte singole, ma di questi tempi il rifiuto di collaborare non è poca cosa.

Se poi allarghiamo lo sguardo, le iniziative direttamente collegate alla Bahri, o in solidarietà, o più genericamente contro la guerra ma con esplicito riferimento alla sua logistica e al ruolo della compagnia saudita sono state davvero tante, nei porti (Anversa, Tilbury, Cherbourg, Bilbao) come altrove (Marsiglia, Firenze, Pisa, Milano, Livorno, Catania, Roma, Siena, Bologna, Torino, Trieste, Cagliari, Sassari, Basilea, Zurigo, Vienna, Berlino, Norimberga, Santander, Motril, Atene) mostrando come le fabbriche di armi, le basi militari, i centri di ricerca universitari al militare subordinati, così come tutto ciò che costringe alla migrazione e le condizioni di vita e di lavoro degli stranieri in Europa facciano parte dello stesso ingranaggio di guerra.

Dai primi momenti di lotta di maggio e giugno 2019 non è passato solo del tempo, ma si è anche allargata la consapevolezza del ruolo della compagnia saudita Bahri nei vari contesti di guerra che, lo ribadiamo ancora, non sono soltanto la guerra in Yemen, ma anche quella in Kashmir e in Rojava e Siria del Nord. La Bahri non è una compagnia navale qualsiasi ma svolge un servizio specializzato, perché la guerra è una merce che trova sempre spazio nelle sue navi, e verso qualsiasi destinazione; inoltre tra i suoi proprietari c’è l’impresa leader mondiale nella produzione petrolifera, la Saudi Aramco (che vanta anche il primato mondiale di inquinamento da anidride carbonica dal 1952 ad oggi). La guerra in Yemen serve a tutti i paesi occidentali, perché in gioco c’è il controllo dello stretto di Bab el Mandeb (e quindi gli alti profitti e i bassi costi) che garantisce all’Europa l’arrivo di tutte le merci cinesi e di tutto il petrolio mediorientale.

Varrebbero discorsi simili per quel che accade in Libia, e visto che tanto si parla della Bana ormeggiata in porto al Terminal Messina, sequestrata da giorni e con il comandante arrestato mercoledì, viene da chiederci come mai tutto questo scalpore: forse che tutta questa attenzione dei francesi ha anche a che fare con gli interessi (concorrenti) di Total ed ENI in Libia? E come mai nessuno dice che i mezzi portati con la Bana in Libia (e destinati al governo sostenuto anche dall’Italia, formato anche da qaidisti e miliziani Isis) sono sì di produzione turca, ma sempre in collaborazione con imprese europee (Bae Systems, Rheinmetall)?

E tanto per aggiungere un elemento: mentre eravamo a Varco Etiopia lunedì, stavano passando a Ponte Assereto (Terminal Traghetti) mezzi militari Iveco destinati ufficialmente alla Tunisia (e poi Libia??)

Tutti i capitalisti vendono armi a chi fa la guerra non solo perché è redditizio ma perché la guerra serve a tutti i capitalisti.

Di fronte a questi scenari, occorre rimarcare che quello che è accaduto nelle ultime settimane è frutto principalmente dell’iniziativa autonoma di lavoratori, compagni e tanti solidali ma davvero poco dei sindacati. La stessa “politica” a più riprese chiamata in causa ha risposto in modo allo stesso tempo chiaro, ambiguo e ipocrita e ne prendiamo atto: la legge vigente (185/90) non si applica alla guerra in Yemen perché sarebbe stato il governo yemenita a chiedere a quello saudita di… bombardare il paese; ugualmente, la stessa legge che recita “l’esportazione, l’importazione e il transito dei materiali di armamento […] nonché la cessione delle relative licenze di produzione, sono soggetti ad autorizzazioni e controlli dello Stato”, non si applica al… transito di materiali di armamento.

Quindi la legge italiana che regolamenta il traffico di armamenti, con le relative limitazioni per i contesti di guerra è, nei fatti e per le autorità stesse, ampiamente aggirabile – con buona pace dei sindacati che, da statuto, dichiarano “la pace bene supremo dell’umanità”.

Motivo di più per rimanere, ora e per il futuro, sul solco della lotta e accanto a tutti coloro che su quel solco hanno scelto di collocarsi.

Porti chiusi alla guerra.

1 Marzo – Proiezione/dibattito al Arkiviu-Bibrioteka T. Serra di Guasila

locandina proiezione

E’ graditissima una conferma di partecipazione in maniera tale da
poter organizzare al meglio i posti a sedere.

Per informazioni e/o conferme di partecipazione:
modificazione@autistici.org

Suicidio al carcere di Bancali

riceviamo e pubblichiamo:

BANCALI.

Bancali, ancora una volta, luogo di morte: dopo le denunce di pestaggi avvenute a più riprese negli ultimi mesi, oggi il suicidio di una donna tra le mura del carcere.

Ancora una volta le pagine dei giornali danno spazio alla voce di chi, ogni giorno, sceglie di chiudere il chiavistello di una cella e di condannare all’isolamento migliaia di uomini e donne, senza chiedersi che forse la causa delle morti in carcere è il carcere in sé.

Venti anni fa le urla dei prigionieri durante il pestaggio di San Sebastiano portarono alla luce ciò che oggi, forse, ci siamo dimenticati: le torture fisiche e psicologiche, gli abusi, l’isolamento, l’uso degli psicofarmaci come sedazione, l’internamento sotto terra dei prigionieri in 41bis, l’annullamento dei detenuti nelle sezioni AS, le celle lisce di punizione. Un tempo era San Sebastiano, oggi è Bancali.

Che la lontananza del carcere dalla città non sia motivo di oblio.

Un carcere a Sassari esiste ancora, si chiama Bancali.

Contro le prigioni,

Nessuno solo.

(il 15 febbraio presidio a Massama, il 7 Marzo a Nuchis-Tempio, il 18 Aprile a Bancali, il 16 Maggio a Uta)

Qui il link alla notizia: https://www.sardiniapost.it/cronaca/dramma-dentro-il-carcere-di-bancali-una-detenuta-si-toglie-la-vita-in-cella/

PRESIDIO AL CARCERE DI MASSAMA(OR)

Il 15 Febbraio un gruppo di compagne e compagni si è recato al carcere di Massama in provincia di Oristano per la prima tappa del tour dei presidi ” Kuntra is presonis nishunu est solu”. La prima tappa di un ciclo di iniziative di solidarietà per spezzare il silenzio tra dentro e fuori le mura carcerarie. Il carcere in questione sorge in una zona di campagna, lontano da tutto, circondato da canali e campi : un pugno nell’occhio fatto di mura altissime e recinzioni. Ad accogliere i solidali un nutrito gruppo di polizia e carabinieri con antisommossa al seguito e sbirri che fuoriuscivano come funghi da ogni anfratto. Nonostante questo si è riusciti ad arrivare vicini alle mura del carcere da ben due lati , esporre striscioni, accendere qualche fumogeno e fare qualche intervento al megafono per spiegare le ragioni del presidio e lanciare qualche grido di libertà.

Nonostante le mura altissime e la presenza costante di polizia che ci circondava sono arrivate urla di risposta e fischi dai prigionieri ed una saggia affermazione “STARE RINCHIUSI E’ UN SOPRUSO!”

Da notare un divertente articolo dell’Unione Sarda in cui si vaneggiava di un presidio in solidarietà a Cesare Battisti e di cori inventati totalmente dai giornalisti. Non sono neanche bravi ad ascoltare, oltre che a scrivere.

il primo presidio è andato, con scarsa partecipazione su cui riflettere e tanta voglia di tornare sotto quelle mura, per ora come sempre, fuoco alle galere.

 

E’ uscito il nuovo numero di NurKùntra

E’ uscito da poco il numero invernale di NurKùntra.

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In questo numero approfondimenti su:

Mario Trudu

Forestas

Turismo

Lavoro

Cervo sardo e altro ancora.

Per copie nel cagliaritano potete scrivere alla mail del blog per copie nel resto della Sardegna o più lontano ancora a nurkuntra@inventati.org.

Sono ancora disponibili copie dei numeri precedenti.

cervo

 

Pattada: incendiata autocisterna del latte

A quasi un anno esatto dall’inizio della lotta dei pastori sardi i quotidiani locali riportano la notizia di un incendio di natura dolosa avvenuto a Pattada qualche giorno fa.

A finire carbonizzata nottetempo, è stata un’autocisterna della locale cooperativa. Il presidente si è subito premurato di smentire qualsiasi possibile collegamento tra l’attacco e la vertenza latte, tutt’ora aperta. Di sicuro a padroni e padroncini anche solo lo spettro di un’altra ondata di lotta farà venire i brividi.

Ovviamente noi non sappiamo aggiungere nulla di più, possiamo solo ricordare che in un anno non è cambiato praticamente nulla, la struttura di sfruttamento del lavoro dei pastori è sempre solida e funzionante, ed il prezzo del latte al litro ben lontano da 1 €.

In più ci sono un migliaio di denunce per coloro che l’anno scorso parteciparono alla lotta e un’esperienza di lotta che difficilmente dimenticheremo.

Sabato 8 Febbraio – Giornata sulla autodifesa informatica

Sabato 8 febbraio approfondiremo il funzionamento della rete e gli strumenti di cui dotarsi perchè i nostri dati non siano facile preda di chi vuole usarli per banale lucro o più loschi motivi.
La giornata si svolgerà in modalità frontale, non è quindi indispensabile portarsi il computer, sono sufficienti carta e penna.

informatica

Con possibilità di variazioni minime, il programma sarà:

ore 10:00

*Introduzione e contestualizzazione dell’iniziativa
*Differenza tra privacy e anonimato
*Il locale: software libero, password, sicurezza dei dati
*Introduzione al funzionamento della rete  
ore 13:30 pranzo
ore 15:00 (con pausa tra le 17:30 e le 18:00)
*Privacy: panoramica e spiegazione degli strumenti di cui ci si può dotare per tutelarsi (Linux, DuckDuckGo – e simili -, piattaforme gestite da compagni)
*Cos’è e cosa NON è la modalità anonima di Firefox/Chromium/Chrome
*Anonimato: strumenti e tecniche. Torbrowser.
*Smartphone: metadati, sicurezza, messaggistica
ore 20:30 cena aperta informale con possibilità di porre domande anonime scritte (in un barattolo) a cui verrà data risposta durante la serata. Cena e dopocena non vogliono quindi essere momenti “staccati” o esclusivamente alcolico-ludico-ricreativi, ma parte integrante del percorso, che continua ad approfondire l’argomento dotandosi però di modalità differenti.
ore 23:00 l’officina chiude i battenti

Come facilmente si nota, la prima parte della giornata sarà propedeutica alla seconda, di conseguenza invitiamo chi non si sente particolarmente ferrato sull’argomento a seguirle entrambe.

Nel caso in cui qualcun/a volesse approfondire in vista della giornata, consigliamo la lettura dei seguenti materiali:

* https://slides.fugadalcontrollo.org/

https://mutuosoccorso.noblogs.org/post/2018/03/11/uscita-stop-al-panico/

https://numerique.noblogs.org

* Puntata di Report sulla sorveglianza di massa portata avanti attraverso i nostri device di uso quotidiano: “Infiltrato Speciale” http://www.rai.it/programmi/report/inchieste/Infiltrato-speciale-2e1960a8-213d-4099-a0d8-0fd4d1e07e05.html

Due passi a Macomer

Sabato primo Febbraio si è svolto a Macomer un corteo contro la neo apertura del CPR, lager per migranti, avvenuta il 20 gennaio scorso.

Una cinquantina di persone ha percorso le vie centrali del paese dopo essere state “rimbalzate” da un folto schieramento di forze dell’ordine poste all’ingresso della strada di accesso alla struttura. Nei giorni precedenti il corteo sono stati tanti gli allarmismi alimentati dai giornali e da comitati contrari non al CPR in se ma alla presenza dei migranti visti come una minaccia per il quieto vivere del paese.

Dopo la chiusura del carcere l’attuale sindaco di Macomer, ora agli arresti per posti di lavoro pilotati, decise di investire tanto nel progetto del CPR, cercando di trasformare la carcerazione e la detenzione dei migranti in una svolta economica per il paese. L’assurdità di questa teoria sta proprio nel fatto che rispecchia la società attuale in cui la prigionia è vista come un punto di ripartenza economica e non come un’aberrazione da cancellare.

Vorremmo dire che le persone hanno risposto con calore alla presenza dei manifestanti , ma in realtà quello che c’è stata è tanta apatia, tanti sbirri e solo poche persone si fermavano incuriosite dai volantini.

Dopo la lunga passeggiata sicuramente resta la voglia di riprovarci e di prendere questa giornata come un primo passo verso una lotta di lungo respiro come quella che riguarda i CPR.

Fuoco alle galere, ed anche ai lager.