Archivi del mese: agosto 2018

NUOVE PROPOSTE, VECCHI INTERESSI

La regione Sardegna annuncia di aver presentato una proposta al nuovo governo circa la creazione, preferibilmente nell’aeroporto militare di Decimomannu orfano dei tedeschi, di una International Flight Training School per addestrare i piloti militari con sistemi tecnologicamente innovativi.

La regione vanta l’orgoglio di un’intesa sulle servitù militari che, anziché essere ridimensionate, vengono ampliate e potenziate grazie anche alle iniezioni di capitali delle solite imprese private di morte.

L’investimento in questione riguarda la Leonardo-Finmeccanica, azienda con forte partecipazione statale (30% delle azioni sono dello Stato) che prevede di dislocare diversi apparati nell’aeroporto di Decimo per incentivare una tecnologia di addestramento da svolgersi prevalentemente su sistemi virtuali senza addestramento reale.

L’investimento iniziale sarebbe di 40 milioni e ovviamente per indorare la pillola si parla di indotto per l’occupazione civile di circa 200 unità. Per quanto riguarda i militari si tratterebbe di istituire 20 corsi per piloti dell’aeronautica militare italiana e 60 corsi per i piloti delle forze straniere.

La dipartita dell’aeronautica tedesca non è andata giù ai vertici istituzionali, quella mancanza di serenità lamentata dai crucchi dovrebbe essere una costante nell’esistenza delle forze militari, ma purtroppo così non è.

La creazione di strutture militari non accenna a placarsi e anche se si parla di mezzi di addestramento virtuale, ad impatto visivo zero, non possiamo non renderci conto che i risultati di questi addestramenti saranno ancora distruzione e morte.

Non ci sarebbero più i soliti aerei che svolazzano a velocità incredibili sui cieli sardi ma il risultato sarebbe lo stesso, addestrarsi alla guerra significa addestrarsi alla morte.

Non lasciamo in pace chi vive di guerra

Un contributo sul saluto al carcere di Uta del 22 agosto

Riceviamo e pubblichiamo:

Squarciare il silenzio che cinge le mura del carcere di Uta. Mostrare a chi affronta le pene della galera che non è da solo, che fuori dalle sbarre il mondo non scorre abbandonandolo alla sua sorte.
Sotto un cielo grigio il rombo dei tuoni e il guizzo dei fulmini non sono stati i soli ad animare l’aria attorno alla Casa Circondariale Ettore Scalas, situata volutamente in mezzo al nulla industriale del cagliaritano, come ormai prassi dell’urbanistica carceraria. Botti, bagliori e urla da parte di un gruppo numeroso di persone hanno rotto l’isolamento di cui vorrebbe godere il carcere di Uta, in uno dei primi saluti che si fa ai detenuti della recente struttura, da quando è chiuso il vecchio Buoncammino.
Un saluto importante ai prigionieri, dedicato soprattutto alle detenute che nelle ultime settimane hanno fatto sentire la loro voce. Il fuoco dato alla cella da parte di una prigioniera, una rissa tra detenute che finisce col mandare una secondina in ospedale, sono chiari i segnali del disagio asfissiante che tra le mura e le inferriate si vive. Un disagio che suona come un grido al vento, in attesa che qualcuno lo colga e risponda come meglio può, portando la sua solidarietà. Così è stato la sera di mercoledì 22 agosto riuscendo a tradurre le poche notizie che trapelano dalle galere.
Un pensiero va ai compagni e alle compagne prigioniere deportate in strutture lontane dalla Sardegna, come Davide Delogu, dove non possono essere salutati né da parenti né da amici, nella totale rottura e isolamento che la delocalizzazione dei detenuti politici comporta. Uno strumento, questo, che ha un significato ben preciso, soprattutto in terra sarda, per spezzare qualsiasi possibilità di contatto con l’esterno famigliare per chi è scomodo allo status quo.
In questo periodo in cui la repressione e la pseudo-legalità sono gli strumenti chiave dello Stato, occorre muoversi in maniera efficace e organizzata per dare solidarietà a chi si trova rinchiuso nelle gabbie e a chi continua la lotta tra le pareti fredde.
Per non lasciare nessuno solo davanti al carcere. Per abbattere quelle maledette mura.
Madda libera. Paolo libero. Tutti/e liberi/e.
M.
 25/08/18

Quale orgoglio? Lotta frocia contro fasci, sbirri e i loro alleati

Da macerie.org pubblichiamo un interessante comunicato sul Piemonte pride, che integra l’analisi di eterossesulità è potere testo diffuso all’ultimo Pride cagliaritano.

LOTTA FROCIA CONTRO FASCI, SBIRRI E I LORO ALLEATI

L’estate sta arrivando, e con essa, anche quest’anno la parata dei diritti LGBTTIQ, anche chiamata Piemonte Pride. Questo allegro e colorato “carnevale” (così come rivendicato nel manifesto del Pride 2018) vedrà sfilare un’accozzaglia variegata di soggetti: sbirri, elite della giunta pentastellata, promoter di saune gay e feste commerciali nonché sponsor di ogni tipo. Il tutto annacquato in una retorica pubblicitaria di supposta lotta. Ma andiamo con calma: il carnevale. Così lo descrivono gli organizzatori del Pride: «momento dell’anno in cui tutti e tutte, per un giorno, sono uguali e possono dileggiare bonariamente i potenti». Dietro questa agghiacciante auto-rappresentazione come bonarie e disciplinate vittime dei “poteri forti”, si cela una rete consolidata di associazioni alquanto radicate nelle politiche istituzionali che, ben volentieri, si prestano a legittimare e dar vita al pinkwashing della giunta comunale pentastellata e di ogni realtà politica che prometta loro qualche nuovo diritto.
Mentre la sindaca Appendino partecipa alle numerose iniziative delle associazioni LGBTIQ mainstream torinesi, il silenzio cala sulle raccapriccianti politiche istituzionali urbane. Mentre comune e regione benedicono le coppie arcobaleno e la loro fertilità, autodefinendosi come “la città più friendly d’Italia”, i Cpr straripano nonché soggetti non europei, non bianchi, non utili alle politiche comunali vengono continuamente deportati.
Gentrificazione dei quartieri, espulsione degli homeless dal centro città, aumento dei costi dei trasporti pubblici, politiche securitarie, sono solo alcuni dei regali quotidiani dell’arcobaleno giunta comunale. D’altronde come stupirsi del rumoroso silenzio delle associazioni LGBTIQ che possono ora godersi le passeggiate orgogliose nel centro storico e nei quartieri sbiancati e ripuliti da ogni forma di marginalità. La stessa assegnazione di Casa Arcobaleno, sede di numerose associazioni LGBT, pare non aver destato alcun turbamento nonostante si ponga come un tassello della gentrificazione di Porta Palazzo.
Appare importante rendere esplicito come il fenomeno del pinkwashing trovi una sua evidente attuazione proprio nelle politiche urbane della città di Torino. Infatti con il termine pinkwashing si intende la strategia politica di istituzioni o aziende di utilizzare l’implementazione dei diritti civili delle persone LGBTIQ come strumento di narrazione di se stess* in quanto presunti promotori della “civiltà” e dei diritti umani e così coprire abusi e violenze nei confronti di altre soggettività. Ben lungi dal pensare che le associazioni della rete del Coordinamento Piemonte Pride siano ignare di tali processi, ci teniamo a rendere esplicito come sia loro diretta responsabilità l’aver tentato di svendere la carica sovversiva della lotta frocia al pinkwashing delle politiche cittadine.
Con una squallida retorica pubblicitaria, il Pride 2018 si rivendica inoltre una supposta “lotta”, un presunto “antirazzismo” e un ipotetico “antifascismo”, nonché preda lotte altrui per costruirsi una fantomatica estetica militante, con una retorica asfissiante sul simbolo del pugno arcobaleno e il claim “nessun dorma”. La predazione delle lotte altrui come strumento di marketing non è d’altronde una novità. Ci basti ricordare le strategie comunicative del Lovers Film Festival. A tutto ciò si aggiunge l’antirazzismo delle parole e delle presunte rivendicazioni di diritti anche per alcuni migranti (in coda al manifesto politico).
Così, si potrebbe dire, che dopo aver offerto se stessa per garantire il pinkwashing istituzionale ora la rete di associazioni LGBTIQ torinese cerca di ripulirsi strizzando l’occhio a un’ipotetica sinistra e ammantandosi di amorevole buonismo. Quale migliore soggettività da predare se non quella delle persone migranti? Eccolo quello che potremmo definire come il nuovo “washing” del Coordinamento Piemonte Pride che, mentre sfila in piazza con le istituzioni che garantiscono il perpetuarsi del dispositivo razzista in città, si proclama solidale con i soggetti migranti. Mentre appoggia un partito che ha appena fatto un patto di governo con la Lega, basato su un più che esplicito razzismo, si narra come in prima fila per i diritti dei migranti. Predare in continuazione soggettività altre per sciacquarsi l’immagine e raccontarsi in modi diversi dalla realtà è un giochino poco convincente.

Che dire poi dell’esaltazione – nel manifesto del Pride 2018 – della storica rivolta statunitense di Stonewall contro la polizia, per poi scendere oggi in piazza con l’associazione di sbirri gay nonché condividerne la sede a Casa Arcobaleno. Dunque ora che gli sbirri non fanno più ronde contro i locali gay vengono strette alleanze con loro, chiudendo volontariamente gli occhi dinanzi alle ronde contro i migranti, e alle numerose violenze della polizia, perché indirizzate verso altr*. Quegli stessi altr* con i quali si sostiene di essere solidali. Se poi muoiono per attraversare una frontiera militarizzata, se subiscono le violenze della polizia e vengono da essa reclusi in Cpr e poi deportati, poco importa, evidentemente, dinanzi alla rilevanza di stringere alleanze con le istituzioni e il loro braccio armato. Ed è per questo che il nostro agire sta notte si scaglia anche contro la sede di Polis Aperta (associazione di sbirri gay) locata in Casa Arcobaleno.
Che assurda pretesa è quella di scendere in piazza ricordando Stonewall, narrandosi con un’estetica militante e sciacquandosi in una retorica antirazzista e antifascista quando si condivide la sede, il corteo e gli intenti con un’associazione di sbirri, protagonisti indiscussi del perpetuarsi quotidiano della violenza di Stato sui corpi non normati, non bianchi, non italiani, non docili. Sta mattina Casa Arcobaleno si sveglierà con la scritta «Fuori gli sbirri dai quartieri. Lotta frocia».

Le nostre riflessioni e il nostro posizionarci in lotta, contro il pinkwashing e lo svilimento della carica sovversiva dei corpi froci da parte di molte realtà LGBTIQ, rinforza la necessaria quotidiana presa di azione e parola contro omo-lesbo-bi-trans-fobia, fascismo e razzismo. Non deleghiamo la lotta ma ci prendiamo il nostro spazio di parola e di azione. Per questo oggi scegliamo di attaccare anche Forza Nuova, gruppuscolo di fascisti omofobi. Ennesima occasione di questa nostra scelta è la notizia della loro recente contestazione del Pride di Novara 2018 con l’esposizione dello striscione dalla dicitura «l’unica famiglia è quella tradizionale». Ribadendo la nostra radicale critica della famiglia etero(omo)normativa nucleare e della retorica di tradizione, natura e normalità ci sembra opportuno chiarire come non staremo a guardare in silenzio il muoversi viscido e ripugnante di questi fascisti. Le esternazioni e azioni omo-lesbo-bi-trans-fobiche, razziste e fasciste di Forza Nuova sono numerose. Noi prendiamo parola e agiamo oggi, senza deleghe, senza buonismi ma con molta rabbia. I muri del palazzo che ospita la sede di Forza Nuova si sveglieranno ricoperti dalla puzza di rifiuti organici marci: «Fascisti di merda. Lotta frocia», sono le scritte che accompagnano l’azione.

In ultimo ci sembra rilevante notare come pochi giorni fa sia stata pubblicata una vera e propria supplica del Coordinamento Piemonte Pride alle organizzazioni religiose, in particolare cattoliche, affinché si uniscano alla parata di sabato. Con le loro parole: «Crediamo più che mai che oggi sia arrivato il momento di siglare una “santa alleanza” con tutte quelle Organizzazioni che da molti anni lavorano per una società più giusta, aiutando in ogni modo possibile gli ultimi e le ultime». Eccolo l’ultimo passo della vuotezza associativa LGBTIQ. Una preghiera alla mamma chiesa cattolica affinché possa benedire i soggetti LGBTIQ: pallidi ricordi di anormalità e sovversione, roghi e ribellione, oggi desiderosi di benedizione e omologazione. Eppure noi siamo qui a ribadire che non permetteremo tali alleanze sui nostri corpi. Non dimentichiamo la violenza della chiesa cattolica. Noi non perdoniamo.
Il duomo di Torino si sveglierà oggi con la scritta «Nessuna santa alleanza. Lotta frocia» sulla scalinata d’ingresso.

Sta notte ci rivendichiamo la puzza di marcio, le scritte e la rabbia.

Vendetta e lotta frocia contro sbirri, fasci e loro “santi alleati”!

….lotta frocia

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Inaugurazione della Caserma di Pratosardo

Domani a Nuoro verrà inaugurata la caserma di Pratosardo. Vi si accomoderanno 250 militari della Brigata Sassari, comandati dal generale Claudio Graziano. L’ennesimo avanzamento dell’occupazione militare della Sardegna è servito, ci sono voluti anni, e purtroppo non per l’opposizione di qualcuno, ma solo perchè i lavori sono sempre andati a rilento, ma da domani la mega caserma della periferia nuorese sarà lì, bella e attiva. Il motivo di un distaccamento così imponente di militari, in una zona totalmente priva ai fini strategici (apparenti) o addestrativi, va a confermare la mai troppo celata intenzione dello stato italiano di militarizzare tutte le zone della Sardegna, con un occhio particolare verso quelle dell’interno.

Purtroppo ad essere cambiata è la grinta nei sardi, che non si sono minimamente opposti a questo ennesimo avanzamento delle divise.

Immaginiamo che questa apertura avrà delle conseguenze visibili e tangibili nei termini di militarizzazione del territorio, ormai il lavoro di pattugliamento delle strade è tanto dei carabinieri e della polizia quanto dell’esercito. Strade sicure ne è solo l’esempio più lampante, “l’avanguardia” che ha aperto le porte delle città alle divise mimetiche.

Più militari in cambio di cosa? Anche se i più beceri populisti stappano lo spumante, ciò che la comunità nuorese ottiene in cambio è la solita miseria, e la citiamo qui solo a titolo informativo. Saranno una quarantina scarsa i civili che troveranno qualche forma di impiego, saltuario e non, dall’apertura della caserma.

Sperando che la voglia di cacciare a mare tutti questi sudici elementi che militarizzano e distruggono il nostro territorio, e che uccidono in giro per il mondo, ritorni presto… Per adesso non ci resta che aggiornare i nostri dati e aggiungere che la mega caserma di Pratosardo è aperta.

Bruciate macchine di un finanziere

Apprendiamo dall’Unione Sarda che nei giorni scorsi un finanziere, residente a Sant’Elia, ha subito il secondo attacco incendiario a danno delle sue automobili nel giro di una settimana. Ora andrà al lavoro in pullman!

Nuovi sbirri nascono

A Monserrato un ragazzo riesce a rubare due paia di occhiali all’ottica Borriello ma mentre è in fuga alle sue spalle non trova le scontate guardie ma bensì dei clienti del negozio che lo fermano e lo consegnano nelle mani dei Carabinieri.

I giornali titolano con un tono di elogio l’intervento degli onesti cittadini.

Di questi tempi in cui la legalità è diventata un valore di cui rendersi fieri non resta che guardarsi le spalle non solo dalle guardie ma anche dagli aspiranti giustizieri.

SALUTO AL CARCERE

Il 22 Agosto, nonostante le intemperie e la pioggia di fulmini, un gruppo di circa trenta persone ha portato un colorito saluto ai detenuti e alle detenute del carcere di Uta, vicino Cagliari. Fuochi d’artificio, cori, materiale rumoroso hanno fatto da cornice ai brevi ma intensi momenti mirati ad accorciare, per almeno un attimo, la distanza tra dentro e fuori le mura detentive.

Qualche risposta da parte dei prigionieri è arrivata sino a noi con qualche grido.

Un piccolo segnale in un momento in cui qualche scintilla di fermento anima le carceri sarde.

Continua l’estate di tensioni all’interno delle carceri sarde

Qualche giorno prima di ferragosto è uscita la notizia che una prigioniera di Uta avrebbe dato fuoco a vari suppellettili all’interno della sua cella e – sempre i giornali – parlano del provvidenziale intervento delle guardie per scongiurare il peggio. Ovviamente non si trova traccia dei motivi che avrebbero spinto la donna ha compiere il gesto.

Di ieri invece la notizia di una rissa tra detenuta, sempre al carcere di Uta quindi sempre la stessa sezione, dalla quale a uscirne malconcia è stata la guardia che è intervenuta per separarle, pare addirittura che sia dovuta andare all’ospedale.

Da questo clima di tensione del carcere cagliaritano escono purtroppo quasi solo le lamentele dei sindacati di polizia, i prigionieri e le prigioniere tacciono, e anche quelli che non vorrebbero farlo sono messi in silenzio. Infatti è da mesi che a una nostra compagna viene rinnovata trimestralmente e senza motivazioni la censura, che ogni lettere un pò più interessante non le arriva o non arriva a noi. Così come un altro nostro compagno, sempre rinchiuso a Uta,  a cui da mesi stanno provando in ogni modo a spezzare la voglia di non piegarsi alle imposizioni di guardie e direttore; così viene spostato da una sezione all’altra, perquisizioni alla cella, rapporti per qualsiasi cosa, isolamento, problemi ai colloqui, ai pacchi e chi più ne ha ne metta.

Cercheremo di aggiornarvi.

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E’ uscito il primo numero di Nc’at Murigu

presentazione di ncat Murigupresentazione di ncat Murigu

Pubblicato l’opuscolo sulla RWM ‘Nessuno Scrupolo’

L’antimilitarismo non è solo uno dei modi più sinceri e diretti per esprimere solidarietà con chi viene massacrato in Paesi lontani. Lottare contro il comparto bellico-industriale è lottare contro i nostri stessi nemici, contro chi ci sfrutta, chi ci controlla e tenta di decidere delle nostre vite, chi distrugge il territorio in cui viviamo, chi cerca di creare un mondo a misura dei ricchi e dei potenti. Non stiamo parlando solo di remote organizzazioni internazionali, ma di aziende, basi militari, università, reti, muri, mezzi, persone con cui spesso condividiamo lo stesso territorio.

Provare a ostacolare la fabbricazione di ordigni non è impossibile. Secondo noi l’angolo di attacco più efficace è quello del profitto, nel senso di rendere la produzione meno agevole e quindi più costosa.

Peraltro agire sull’indotto della fabbrica permette ad ognuno di scegliere il tipo di intervento che più gli è congeniale. L’azione diretta in tanti o in pochi, di giorno o di notte, costituisce sempre e comunque un piccolo passo verso la liberazione dall’industria di guerra.

I nostri nemici, siano essi una fabbrica di morte o le ditte con essa complici, hanno sedi fatte di reti e cemento, possiedono veicoli e macchinari, impiegano decine di persone e vorrebbero salvaguardare un’immagine pubblica il più possibile edulcorata dagli orrori di cui sono responsabili.

Attaccarli è possibile, in molti modi, tanti quanti la fantasia di ognuno può immaginare.

Scarica l’opuscolo Nessuno Scrupolo, a cura di compagne e compagni di Cagliari.