Archivi del mese: ottobre 2014

TUTTI ASSOLTI

Oggi 29 Ottobre era prevista l’ultima udienza del processo ai 5 attivisti denunciati di diffamazione dal dott. Giampaolo Turri, primario del reparto di psichiatria di Is Mirrionis all’epoca della morte di Giuseppe Casu.

L’oggetto del processo è un volantinaggio fatto dentro il reparto di psichiatria il giorno del reintegro del Turri come primario, in cui venivano usati termini “poco carini” a suo carico come ad esempio ASSASSINO, i volantinatori furono fermati e identificati dalla polizia, successivamente partì la denuncia.

Si arrivava a quest’ultima udienza dopo due anni di processo, in un’aula affollata di solidali, il pubblico ministero è stato il primo a intervenire, chiedendo l’assoluzione degli imputati in quanto a suo dire il diritto di critica permette di usare termini duri, purché inseriti in un discorso più ampio, dettagliato, basato sull’approfondita conoscenza dei fatti e che offra le giuste informazioni in modo che sia possibile farsi un’idea di tutta la vicenda.

A questa seguiva la parte civile, l’avvocato PORCELLA difensore di Turri, che pateticamente prima cercava di metterla sul piano dell’orgoglio e dell’assunzione delle proprie responsabilità, chiedendo agli imputati di giustificare il loro silenzio in aula durante tutto il processo e poi cercando improbabili paragoni fra il termine di ASSASSINO e quello di PUTTANA, e rivangando vecchie condanne in cassazione di altri presunti assassini.

A questo punto la parola è passata ai due avvocati della difesa, Pinna e Monaldi, che nelle due arringhe hanno fatto un ottima ricostruzione del clima intorno al quale fu organizzato quel volantinaggio, rimarcato la gravità dell’accaduto e tirato anch’essi in causa il diritto di critica.

A questo punto la parte civile ha chiesto il diritto di replica che il giudice ha concesso, con il quale hanno solo saputo dire che ASSASSINO,  era una brutta parola.

Il giudice ha quindi assolto tutti in primo grado perchè IL FATTO NON SUSSISTE.

YUUUUUUUUUUUUUHHHHHHUUUUUUUUUUUUUUU

Vuoi conoscere RAMBO?

Stamattina era prevista una passeggiata attraverso le servitù militari della città di Cagliari, in particolare di quelle della zona Poetto – Cala Mosca – Sella del Diavolo. L’iniziativa è stata organizzata dal Coordinamento studentesco contro le basi militari, con il giustissimo intento di far scoprire innanzitutto le basi che abbiamo dietro casa. Infatti fra Monfenera, Ederle, Radar and Co,svariati ettari di città sono protetti da muri e filo spinato e in molti non ne conoscono esistenza, ruolo e magari punti deboli…

La mattinata è iniziata benissimo: caffettino in piazza San Bartolomeo, sole, caldo e chiacchiere.

Passillendi passillendi si è arrivati all’imbocco dei sentieri della sella del Diavolo, quando all’improvviso sono apparsi: uno, due, tre, dieci RAMBO!!! Omacci, omini e ragazzini, agghindati di tutto punto e specialmente con in mano un mitra lungo circa un metro scendevano dalla Sella con fare sospettoso e sicuro, cercando invano di avvistare temibili nemici, fra il cisto e le ginestre o nell’assolata baietta di Cala Mosca. Stupefatti dall’avvistamento di questi geniali energumeni la prima temibile dozzina passava lasciando le bocche spalancate e secche di tutti i partecipanti della passeggiata. All’avvistamento della seconda non è stato possibile resistere alla tentazione di fare qualche domanda, alla quale come tradizione di tutti i corpi militari italiani sono arrivate risposte afone. La terza probabilmente messa sull’avviso dalla prima era decisamente più scafata, il capo riusciva a dire STATE TRANQUILLI,  la quarta evidentemente scossa dal clima di tensione vedeva il capo imporre il silenzio ai prodi guerrieri che a stento riuscivano a sopportare il peso del mitra.

rambo

Tornati alla caserma probabilmente qualcuno è andato a piagnucolare da un comandante il quale ha pensato di spedire uno dei RAMBO  a fotografare la pericolosa cricca che passeggiava minacciosamente per i sentieri.

Poi non pago, dopo lunga riflessione decide di fare la mossa vincente…CHIAMARE I CARRAMBA, ecco così il concretizzarsi di una barzelletta, il comandante che chiama i carramba perchè i suoi RAMBO sono stati scocciati…e non vi dico che belli da vedere carramba e rambo che scrutano la Sella come per cercare quaglie e pernici.

Come ultima mossa della disperazione, il comandante ha anche mandato una coppia di sgargianti teste pelate in uniforme dentro una Panda 4 x 4 a sorvegliare che la cricca non sferrasse un attacco a sorpresa dall’alto della Sella.

Insomma, se qualcuno volesse conoscere RAMBO, o infastidire un addestramento militare può recarsi alla Sella del Diavolo la mattina verso le 11, basterà chiedere ai prodi guerrieri italioti che ora è che questi andranno completamente nel pallone…

 

 

finale

Nessuna pace per chi vive in guerra

Da Rovereto:

Oggi, 16 ottobre 2014, a Rovereto, si è svolto il processo di primo grado ad un compagno, autore di un articolo apparso nel maggio del 2012 sul n.15 del giornale anarchico “Invece”. L’articolo riguarda un libro scritto da Pierpaolo Sinconi, capitano dei carabinieri. Egli ha partecipato alle missioni di guerra in Bosnia Erzegovina, Kosovo ed Iraq. Ha insegnato presso centri di formazione per il peacekeeping in Africa, America, Asia ed Europa. Fa parte del gruppo di esperti in peacekeeping e peacebuilding dei paesi del “G8”. E dal 2006 insegna Diritto Internazionale e Diritto Internazionale Umanitario presso il Centro di Eccellenza per le Stability Police Units di Vicenza.
Il reato contestato è “istigazione alla violenza”.
Nonostante l’articolo fosse firmato, i Ros di Roma e Trento hanno svolto indagini per individuare chi fosse l’autore, da lì le perquisizioni nel settembre 2013.
Al processo l’accusa ha portato come testimoni il capo dell’Anticrimine dei Ros di Trento, un ufficiale dei Ros di Roma e il capitano Sinconi.
Le loro argomentazioni riguardo l’istigazione erano fondate sulla ideologia del compagno autore dello scritto, sul ruolo del giornale “Invece” a livello nazionale ed internazionale, sulla storia degli anarchici in Trentino, le loro pratiche e i vari lavori di documentazione fatti per portare avanti le lotte.
In particolare l’accusa ha insistito molto sul lavoro su Finmeccanica fatto dai compagni,  “Una piovra artificiale. Finmeccanica a Rovereto”. Questo opuscolo è stato messo in relazione al ferimento dell’AD Roberto Adinolfi avvenuto a Genova nel 2012, insistendo sulla consequenzialità tra il pensiero e l’azione degli anarchici.
Il PM De Angelis ha chiesto 2 anni e 8 mesi. Il giudice ha condannato il compagno a 1 anno 3 mesi.
Ci saranno aggiornamenti quando verrà fissata la data del processo d’appello

Anarchiche ed anarchici di Rovereto e Trento

Segue la dichiarazione in aula del compagno sotto processo:

NESSUNA PACE PER CHI VIVE DI GUERRA

La guerra! Ti rendi conto di ciò che significa? Conosci parole più terribili di questa? Non ti porta alla mente immagini di massacri e carneficine, di assassinio, di saccheggio e di distruzione? Non ti sembra di udire le scoppio del cannone, le grida lamentose dei morenti e dei feriti? Non ti par di vedere il campo di battaglia punteggiato di cadaveri?
1929
Alexander Berkman

Fin da quando ero bambino ho vissuto con la guerra negli occhi, i carri armati sul confine vicino a casa mia a causa della guerra in Jugoslavia nel 1991, gli aerei che partivano da Aviano per andare in Afghanistan passando sopra la mia testa, la mia famiglia che negli anni ’50 dovette andarsene dall’Istria per una guerra voluta dai fascisti e da chi voleva nuovi confini e nuovo Potere.
Crescere vedendo ogni sera in televisione gli orrori perpetrati da uomini e donne che si prestano ad uccidere per conto di altri uomini e donne che non hanno scrupoli a commettere i peggiori delitti per i loro interessi.
Leggere a quattordici anni i testi di Giulio Bedeschi, Mario Rigoni Stern, Primo Levi, parole che avevano cominciato a incrinare la mia visione del mondo. Quando scoppiò la guerra in Afghanistan nel 2001 mi sentii impotente, capii che era necessario fare una svolta per fermare tutta quella violenza.
Alla fine è stata l’idea anarchica a farmi capire che si può fare sempre qualcosa contro la guerra e contro tutte le ingiustizie di questo mondo, e che per fermarle non bastano le buone intenzioni ma servono anche azioni concrete, perché chi vuole la guerra difenderà sempre i suoi interessi con la violenza, la propaganda, l’offuscamento del pensiero libero e “della parola”.
Il 28 ottobre del 2010 fui arrestato a Trento durante un’azione che voleva segnalare la responsabilità di quei carabinieri che erano stati invitati dal prof. Toniatti, insegnante di Giurisprudenza di Trento, e dall’ELSA, a parlare delle cosiddette “Missioni di Pace”. È da tempo che lo Stato italiano definisce le sue missioni di guerra con la parola pace. Ci dicono che ci stanno proteggendo per il nostro bene, quando io vedo milioni di persone in fuga dalle loro bombe e da quegli uomini mercenari finanziati e armati per gli interessi dell’industria bellica e per i loro interessi geopolitici.
Il Capitano dei carabinieri Pierpaolo Sinconi quel giorno mi arrestò incredulo che qualcuno avesse toccato il suo vestito e che io, anche dopo essere stato ammanettato e malmenato, davanti a tutti gli urlassi “assassini”. Così ho deciso di scoprire che mestiere facesse veramente. Lui non è un semplice carabiniere perché non lavora in una caserma qualunque, lavora alla caserma Chinotto di Vicenza nel centro del COESPU. In questo centro vengono insegnate tecniche contro-insurrezionali alle polizie dei paesi in cui la guerra viene perpetrata dagli Stati occidentali. Questo centro, come altri, è stato creato perché lo Stato, qualunque Stato, ha paura che la gente stanca della guerra, delle menzogne e dello sfruttamento si ribelli, e peggio ancora che prenda coscienza del fatto che senza Stato si può vivere liberi.
Il signor Sinconi è responsabile del perpetuarsi della guerra nel mondo; nell’articolo uscito sul giornale anarchico “Invece” nel maggio 2012 ho ribadito questa sua responsabilità, che avrà per sempre, che è lui che bombarda e massacra anche se indirettamente, è lui che tramite i tribunali internazionali dell’ONU trova la giustificazione giuridica alla violenza degli Stati.
Io penso che la lotta fatta da chi vuole liberarsi da tutti i mali del mondo è unicamente una legittima difesa anche se d’attacco, perché di fronte alla guerra, massimo grado di violenza dello Stato dell’industria bellica e di tutti quelli che ci collaborano, non si può restare più indifferenti.
Anche la Provincia di Trento e la sua università, hanno delle gravi responsabilità sulla continuazione della guerra oggi, soprattutto grazie alla collaborazione con lo stato d’Israele massacratore del popolo palestinese.
Queste sono le stesse istituzioni che volevano la base militare a Mattarello contro cui noi anarchici abbiamo lottato, perché siamo contro la guerra e tutto ciò che la fomenta, idee queste che ci sono valse l’accusa di “terrorismo” dalla Procura di Trento tramite l’operazione “Ixodidae”.
Sempre queste istituzioni vogliono il TAV anche in Trentino, che distruggerebbe così la terra, nonostante sappiano che in Val di Susa c’è una ampia parte della popolazione che sta già lottando contro di esso, in uno stato di militarizzazione dei luoghi in cui vivono.
Ribadisco che i terroristi sono gli industriali bellici, quelli che utilizzano le proprie mani ed ingegno nella costruzione degli armamenti e delle nuove tecnologie, coloro che quelle armi le utilizzeranno contro altri uomini e donne per gli interessi di Stato e delle multinazionali, quelli che la guerra la giustificano tramite la filosofia, la religione, la giurisprudenza.
Voglio portare qui la mia vicinanza a quei ragazzi e ragazze israeliani che quest’estate hanno rifiutato di combattere contro il popolo Palestinese, a quelle donne che in Ucraina hanno bloccato le strade per il fronte e hanno bruciato gli uffici dove c’erano le liste di arruolamento dei loro figli, padri e compagni con lo slogan “Né con la Russia né con l’Ucraina, per la Rivoluzione Sociale”, ad Ilya Romanov, anarchico rinchiuso in prigione in Russia per aver cercato di distruggere un ufficio di reclutamento nella città russa di Nižnij Novgorod rimanendone ferito.

Abbasso la guerra!
Viva la lotta per la libertà!

16/10/2014
Rovereto
Luca Dolce detto Stecco

Una nave tutta gialla

Da nolagerlist:

Occhio alla nave tutta gialla !!

Si chiama Maior, è una delle carrette del mare che
il ministero della difesa affitta a caro prezzo all’armatore
privato Visentini di Rovigo. per trasportare e trafficare armi
in Italia e all’estero.
E’ un cargo Ro.Ro. (adibito al trasporto di veicoli) fabbricato
nel 1990 e in affitto al ministero della difesa sin dal 1992,

la sua carretta gemella, la Altinia, dello stesso armatore,
è al momento fuori uso: mentre portava dall’Afghanistan all’italia
i mezzi blindati lince, a maggio, si è guastata di fronte alle coste somale,
è stata assalita dai pirati e salvata (purtroppo) da una fregata cinese.
Si veda l’articolo dell’espresso al link:

RASSEGNA STAMPA: L’ESPRESSO ACCUSA SAIMA DI CONCORRENZA SLEALE SUI TRASPORTI PER LA DIFESA


Quindi è rimasta solo la nave tutta gialla a trasportare la morte
sui mari di tutto il mondo, per conto del ministero della difesa italiano:
i carri armati della divisione Ariete, dal Libano a Monfalcone

Il centro attraversato da mezzi militari

I blindati della divisione Julia, dall’Afghanistan a Trieste:
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2013/10/08/news/mezzi-militari-dall-afghanistan-1.7888682

E naturalmente anche armi ed esplosivi destinati ai poligoni sardi,
ad Arbatax (destinati al poligono di Quirra)
http://www.comuneditortoli.it/portale_comune/portale/rassegna_stampa/dettagli_articolo.asp?id_articolo=7104&id_rassegna_stampa=889

e a Sant’Antioco (destinati al poligono di Teulada)

Difesa: Pili (Unidos), sbarcare armi a Sant’Antioco da nave Maior

La nave tutta gialla è stata usata anche per i traffici di armi che
partono dal deposito di guardia del moro, alla maddalena, ed in quel caso,
per ragioni di segretezza, la nave spegne anche il trasmettitore AIS e si
rende invisibile, per non farci sapere dove trasporta il suo carico di
morte:
http://lanuovasardegna.gelocal.it/olbia/cronaca/2014/09/23/news/armi-ai-curdi-la-nave-e-gia-a-santo-stefano-1.9984455

Attenti quindi,
a quando vedete arrivare in porto
quella carretta tutta gialla,
e il suo carico di morte

Toshi ai domiciliari

Dopo più di quattro mesi di carcere, gli sono stati finalmente accordati i domiciliari. Da due giorni così è a casa sua con tutte le restrizioni,  cioè non può vedere nessuno. Il 14 Ottobre ci sarà il riesame per  decidere per i domiciliari anche per Andrea, Paolo e Fabio, in attesa del processo del 3 Dicembre, per il quale la richiesta per loro tre e Marianna e di 4 anni di sorveglianza speciale.

 

Repressione No Tav – “Esiste nei vostri codici di legge una violenza legale e una illegale…”

Con queste parole e’ stata interrotta martedi’ mattina la requisitoria           della Pm Pedrotta nel cosiddetto processone contro 53 No Tav accusati di aver partecipato alle giornate del 27 giugno e del 3 luglio 2011. L’udienza, sospesa, è riniziata solo dopo lo sgombero dell’Aula Bunker e terminerà con le richieste di condanne da parte dell’accusa.

«Esiste nei vostri codici di legge una violenza legale e una illegale.

Noi siamo accusati della seconda, voi vi fate forza della prima ed essa è fondamento della legge a cui vi appellate.

La vostra violenza legale è quella che rende possibile lo sfruttamento di milioni di persone, che uccide con le sue guerre “umanitarie”, che butta in strada chi non riesce a pagarsi un affitto, che devasta i territori in cui viviamo, che ingabbia vite umane dentro Cie e galere.

Il monopolio legittimo della violenza è ciò che rende possibile che chi detiene il potere possa cercare di costringere un’intera popolazione ad astenersi dal compiere un determinato atto, in questo caso lottare contro un’opera nefasta come il Tav, e parallelamente possa creare le condizioni per continuare ad imporla.

Non risuona familiare a lorsignori quest’espressione? Avete accusato di terrorismo quattro nostri compagni, ma nelle giornate del 27 giugno e 3 luglio 2011, come nell’azione di sabotaggio del 13 maggio 2013 eravamo presenti tutti e tutte.

Non è in quest’aula di tribunale che troverete le motivazioni che ci spingono a lottare. Noi, per contro, una volta usciti di qua sapremo dove trovarle: lungo quei sentieri di montagna, nelle strade e nei quartieri in cui viviamo.

Ora e sempre No Tav! Ora e sempre resistenza!»

Prigionieri/e No Tav – Sulla rinuncia al riesame delle misure cautelari per Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò

da informa-azione

All’udienza di questa mattina (Lunedì 6 ottobre 2014) avanti al Tribunale, quale giudice di rinvio dopo l’annullamento della precedente ordinanza disposto dalla Corte di Cassazione nel maggio scorso, gli imputati hanno rinunciato alla richiesta di riesame a suo tempo presentata.

Si tratta di una decisione frutto di un’approfondita discussione con i propri legali, fondata su una serie di osservazioni che si possono così sinteticamente riassumere:

  •     nonostante gli atti del procedimento cautelare fossero giunti a Torino già all’inizio di luglio, l’udienza è stata fissata solo ad ottobre, con ogni probabilità in sintonia con la richiesta della Procura di procedere a nuove indagini;
  •     vi è stato un duplice spostamento della data dell’udienza: il primo su richiesta della Procura, senza nemmeno interpellare la difesa, il secondo giustificato con una motivazione generica ed apparente che fa riferimento a non meglio circostanziate esigenze dell’ufficio;
  •     tale ultimo spostamento ha modificato la composizione del collegio giudicante che oggi era formato da 2 giudici su 3 che avevano rigettato la precedente richiesta di riesame con l’ordinanza poi annullata dalla Cassazione, mentre evidenti ragioni di opportunità avrebbero imposto una diversa composizione del collegio, tenuto conto, oltretutto, che compito del tribunale era quello di riaffrontare la questione della configurazione giuridica di alcuni tra i reati contestati, che già aveva deciso, in conformità all’impostazione della procura della repubblica;
  •     il dato più significativo, peraltro, risiede nell’ormai prossima definizione del processo avanti alla Corte d’Assise di Torino, che dovrebbe pronunciare la sentenza entro la fine del mese di novembre e che giudicherà su elementi di prova formati nel confronto tra le parti in dibattimento, la cui qualità e rilevanza è ben maggiore di quelli assunti unicamente dalla P.G. o dalla Procura, in assenza di contraddittorio, quali quelli sottoposti oggi all’attenzione del tribunale;
  •     va, inoltre, segnalato come solo venerdì 3 ottobre, nel primo pomeriggio, i Pm abbiano provveduto a depositare per imputati e difensori l’esito di proprie ulteriori investigazioni: si tratta di materiale di poco rilievo, quasi interamente raccolto all’inizio di settembre (eccezion fatta per documentazione prodotta ai Pm dalla parte civile, curiosamente proprio lo steso 3 ottobre), inutilizzabile in ogni caso nel giudizio avanti alla Corte d’Assise, che però avrebbe comunque dovuto essere depositato immediatamente nella segreteria della procura, secondo quanto disposto dal secondo comma dell’art. 430 c.p.p., e ciò a dimostrazione ancora una volta della   scarsa attenzione ai diritti della difesa.

L’udienza di oggi non avrebbe, in ogni caso, potuto comportare alcuna modifica in ordine alla libertà personale degli imputati. Il terreno di confronto era, infatti, ristretto alla qualificazione giuridica di alcuni reati, che è uno dei temi sui quali si dovrà esprimere a breve la Corte d’assise, con la più ampia cognizione di causa.

Sorveglianza speciale

Il questore di Torino ha chiesto quattro anni di sorveglianza speciale per Andrea, Fabio e Paolo, tre dei compagni arrestati il 3 Giugno e tuttora in carcere.

Non si tratta di una novità, già nel 2009 Andrea e Fabio furono “sorvegliati speciali” per qualche mese. Vanno spese due parole sulla richiesta, la sorveglianza speciale, le prendiamo in prestito da informa-azione.info: “già perché la sorveglianza speciale è, nell’economia repressiva, una trovata da massimo guadagno e minimo sforzo.
Può raggiungere soggetti incensurati, può essere applicata anche solo sulla base di sospetti e senza episodi specifici accertati in sede giudiziaria e colpisce quei soggetti “ritenuti pericolosi per la sicurezza e per la pubblica moralità”. Una categoria in costante aumento, che fa sì che questa misura sia stata, negli ultimi anni, ampiamente utilizzata. Chi si trovi colpito da una tale misura non dovrà destare sospetti sulla sua condotta, dovrà restare a casa da una certa ora della sera a una certa ora della mattina, si vedrà revocare passaporto e a volte anche la patente e non dovrà mai partecipare a riunioni di qualsiasi tipo, o assembramenti pubblici. Tassativamente vietato è, inoltre, l’incontro con pregiudicati o altri “sorvegliati speciali”. In altre parole, la sorveglianza speciale colpisce essenzialmente la vita che ognuno di loro ha scelto di vivere, gli amici e i luoghi che sceglie di frequentare”.

Ritornando al 2009, ricordiamo che fu Maroni a lanciare la moda della sorveglianza speciale, a inasprire i DASPO eccetera, e qualcuno fece della semplice ma bell’ironia…SORVEGLIATECI I MARONI.

FABIO ANDRE PAOLO LIBERI

TUTTI LIBERI

COLPI DI CODA

o.63211Il Cocer, il sindacato che rappresenta il personale dell’aereonautica , mette l’accento sull’importanza del poligono di Capo Frasca ribadendo le ripercussioni che la chiusura avrebbe sulla base di Decimomanu e sui posti di lavoro civili e militari che sarebbero così messi a rischio. Un colpo di coda di chi sente la poltrona fuggire via da sotto il sedere.

Ovviamente iniziano a farsi sentire le voci insistenti sulla chiusura dei poligoni e i sindacati di categoria fanno sentire la loro voce, infiltrando il solito dubbio sullo spauracchio dell’ultim’ora : il lavoro.

Il lavoro diventa l’ago della bilancia con cui si giustificano leucemie, esplosioni, guerre e quant’altro, la sua salvaguardia a prescindere dai numeri di chi viene impiegato ammutolisce i contrari e fa tuonare le voci a favore delle servitu’.

Una frase, detta da una signora anziana durante un corteo contro il poligono di Quirra mi ha sempre colpito “Meglio un figlio morto che disoccupato”.

Se il lavoro diventa con-causa di un universo di complicità e schiavitu’ forse allora sarebbe da ridiscutere delle sue caratteristiche e del suo effetto di ricatto sociale sui corpi e sulle menti.

Se, sempre il lavoro, diventa un valore assoluto superiore alla vita stessa, allora qualcosa non funziona.

Non bastano un paio di impieghi a far stare zitti i tanti morti per tumori e i civili uccisi durante le guerre di cui i poligoni sardi sono spesso e volentieri protagonisti.

Non sta certo a noi persone comuni trovare un’alternativa all’impiego o re-impiego del personale civile(del personale militare non ci deve interessare), ma il punto di partenza deve essere comunque che i militari se ne devono andare dalla Sardegna come da qualsiasi altro luogo, ed è preferibile il silenzio da parte di realtà come il Cocer piuttosto il perpetuare un ricatto come quello del fantomatico indotto dei poligoni. Se la morale è lavata via dalla divisa, almeno la dignità del silenzio speriamo l’abbiano mantenuta.