Archivi del mese: aprile 2014

Palermo, i detenuti del carcere di Pagliarelli aderiscono alla mobilitazione di aprile

Da informa-azione.info:

Apprendiamo che nel carcere di “Pagliarelli” di Palermo, alcuni detenuti stanno partecipando alla mobilitazione indetta dal coordinamento dei detenuti dal 5 al 20 aprile 2014.

Dal 4 aprile hanno iniziato lo sciopero del carrello e dal 12 aprile quello della spesa.

PROSEGUE L’INIZIATIVA INSUSCETTIBILI DI RAVVEDIMENTO.

GIOVEDI’ 17 APRILE H:19.00 PRESSO ACCASARTI IN VIA SAN GIUSEPPE 15, LA CASSA ANTI REPRESSIONE SARDA E’ LIETA DI INVITARVI ALLA VISIONE DEL FILM “BUTCH CASSIDY”  A SEGUIRE CENA BENEFIT

L’INIZIATIVA SERVIRA’ A FINANZIARE I PROGETTI DELLA CASSA ANTI REP SARDA E PER L’AUTO FINANZIAMENTO DI ACCASARTI.

 

PARTECIPA E FAI GIRARE.Immagine

Ecco il il nuovo carcere di UTA

Il carcere di Uta dovrebbe diventare il nuovo carcere di Cagliari, sostituendo la medievale struttura di Buoncammino, moderno, tecnologico, isolato ecco due informazioni.

Facente parte dell’ultimo piano carcere, la struttura è in costruzione da diversi anni. Ancora oggi non si sa quando verrà inaugurato, negli anni  i motivi dei ritardi sono stati fondamentalmente due, l’inadeguatezza del numero degli operai per un’opera così imponente e i ritardi nei pagamenti degli stipendi che hanno causato lunghe pause ai lavori. Nell’estate scorsa era stata fissata nel 31 Ottobre la data di apertura, che poi è slittata a Marzo e poi hanno smesso di fissarla per evitare l’ennesima figuraccia. Il carcere è in territorio comunale di Uta ma il paese più vicino è Capoterra, si trova vicino alla zona industriale di Macchiareddu, una delle più inquinate della Sardegna, in mezzo a campi eolici e fotovoltaici e vicinissimo all’impianto del compost che lo avvolge con le sue terribili esalazioni, insomma un posticino di tutto rispetto.

Il carcere in cifre e dati:

nome: E. Scalas

Indirizzo: Strada Provinciale 1, in comune di Uta.

Posti: 542, di cui 92 per il 41 bis.

Tipologia: AS1, 2, 3, braccio femminile, e braccio 41 bis

Costo: 92 milioni di €

Una piantina “artigianale” del nuovo carcere di Uta:_IGP0022

Vari scatti dall’esterno, nel primo si può notare una pala eolica e in lontananza la città di Cagliari che dista 18 km, per ora non esiste alcun mezzo pubblico che porti dal capoluogo al carcere.

uta 3uta 1uta 2Seguiranno altre informazioni.

Incontro dibattito: ” IL CARCERE E’ TORTURA, CHIUDIAMO OGNI GABBIA”

L’ASSEMBLEA CONTRO IL CARCERE E LA REPRESSIONE ORGANIZZA:

INCONTRO DIBATTITO “IL CARCERE E’ TORTURA, CHIUDIAMO TUTTE LE GABBIE”

In occasione delle settimane di mobilitazione indette dal Coordinamento dei detenuti, vi invitiamo a partecipare a questo momento di confronto sulla trasformazione del mondo carcerario e a discutere su come si possa impostare una lotta efficace contro di esso.

no carcere

In Sardegna ci sono 10 prigioni, 1 CPA, 4 nuove supercarceri, migliaia di detenuti e il triste primato del 35% dei suicidi in carcere.

In una società dove la repressione aumenta ogni giorno, in cui i sistemi di controllo sono sempre più sofisticati, il carcere diventa il simbolo della repressione e del terrore che lo stato esercita contro chi prova in diversi modi a alzare la testa e a opporsi.

SABATO 12 APRILE DALLE 18.00
AL “NUOVO PANIFICIO” IN VIA SAN GIOVANNI 101 A CAGLIARI

PARTECIPA E DIFFONDI

INIZIATIVA “INSUSCETTIBILI DI RAVVEDIMENTO”

GIOVEDI’ 10 APRILE H: 19 LA CASSA ANTIREPRESSIONE SARDA PROPONE IL FILM

PAT GARRET E BILLY THE KID” DI SAM PECKINPAH CON JAMES COBURN E K. KRISTOFFERSON, 1973. COLONNA SONORA E RECITAZIONE DI BOB DYLAN.

SCONTRO TOTALE TRA CHI ACCETTA E CHI NO, IL PROGRESSO, LA LEGGE, IL CAMBIAMENTO.

PRESSO ACCASARTI VIA SAN GIUSEPPE 15

DOPO OGNI PROIEZIONE, CENA BENEFIT PER I PROGETTI DELLA CASSA ANTIREPRESSIONE E PER AUTOFINANZIAMENTO DI ACCASARTI

 

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ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE.

UN GRANDE FRATELLO GIURIDICO

 

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Ultimamente, per alcuni processi di carattere politico, giudici e p.m. hanno deciso per dei processi in video conferenza. 

In pratica vien IMPOSTO al prigioniero di essere interrogato e quant’altro tramite video collegati con l’aula di tribunale, evitando quindi che si debba spostare dalla struttura detentiva perchè elemento ritenuto pericoloso.

Questo tipo di provvedimenti segue le direttive del DIPARTIMENTO DI AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA e della COMUNITA’ EUROPEA che con una circolare consiglia caldamente questo tipo di operazione.

Il provvedimento ha un carattere ben preciso: evitare che il detenuto o detenuta possa spaziare lo sguardo al di fuori delle mura carcerarie anche solo per un attimo; evitare che il detenuto o la detenuta possa sentire la solidarietà fisica ed il calore delle persone solidali; aumentare il carattere punitivo della detenzione; abbattere i costi dei trasferimenti.

Per quanto riguarda il carattere morale di questo provvedimento è indubbia la volontà dei persecutori di disumanizzare il detenuto sino al punto da renderlo un’immagine in un video, la gestione della trasmissione sarà inoltre affidata al giudice che potrà a sua discrezione spegnere ed accendere il microfono del prigioniero. Attraverso provvedimenti come questi l’intento è sempre quello della vendetta dello stato contro chi lo contesta rendendolo un’immagine fredda a dispetto del calore che anima chi vorrebbe un mondo diverso.

Per chi avesse dei pruriti legalitasti potrebbe interrogarsi sulla legittimità di provvedimenti di questo tipo.

 

Di seguito riportiamo due comunicati sui recenti esempi di processi per videoconferenza avvenuti in Italia.

tutte liberi!!!!

 

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Prigionieri – Processo in videoconferenza per Gianluca e Adriano

da rete evasioni

Il 26 marzo si è tenuta presso il tribunale di Roma l’udienza preliminare del processo in cui sono imputati Gianluca e Adriano.
I due compagni sono accusati di “associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico”, a cui si aggiungono quelle di incendio, furto aggravato in concorso, deturpamento e danneggiamento di cose altrui. Si tratta di tredici azioni realizzate nel territorio dei Castelli Romani contro banche, una pellicceria, sedi distaccate di ENI ed ENEL e contro la discarica di Albano.
Il processo, di fronte alla corte d’assise, avrà inizio il 26 Maggio.
Con il provvedimento di rinvio a giudizio il GUP D’alessandro si è assunta la grave responsabilità di disporre che gli imputati debbano partecipare tramite videoconferenza.
La decisione sarebbe motivata da una circolare del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria che prescrive l’utilizzo di questo dispositivo come misura di contenzione dei detenuti “più pericolosi”, adottata in seguito all’evasione di Domenico Cutrì, avvenuta nel corso di un trasferimento giudiziario.
Si tratta di una misura che d’ora in poi potrebbe riguardare, insieme ad altri, tutti i procedimenti riguardanti i detenuti in regime di Alta Sicurezza.

L’utilizzo della videoconferenza rientra all’interno di un politica carceraria, stabilita dalla Comunità Europea, basata sul modello della differenziazione e quindi dell’isolamento.
Si tratta di separare dal corpo dei detenuti gli elementi considerati più pericolosi: da un lato per poter, con minor rischio e minor costo, gestire la massa crescente degli internati, dall’altro per tentare di annichilire tutti i nemici dello Stato insuscettibili di ravvedimento.
L’isolamento, che si tenta di imporre in maniera sempre più stringente, può arrivare ad essere una vera e propria forma di tortura che provoca pesanti danni fisici e psichici a chi la subisce.
Una serie di provvedimenti adottati recentemente nelle sezioni AS2 (riservate ai compagni rivoluzionari) sono indirizzati ad aumentare il grado di isolamento: chiusura di cancelli che dividono da altre sezioni, limitazioni di colloqui, tentativi di imporre l’isolamento individuale, divieto di incontro tra detenuti della stessa sezione.
A tutto questo si aggiunge il processo in  videoconferenza, uno strumento che colpisce in diversi modi gli individui a cui viene imposto.

Sul piano umano negare ad un detenuto di partecipare fisicamente alle udienze significa infliggergli un ulteriore violenza, impedendo che il suo sguardo possa, anche solo per breve tempo, fuoriuscire dal ristretto orizzonte dell’istituzione totale ed incrociarsi con quello affettuoso e solidale dei compagni, degli amici, dei parenti.
Dal punto di vista processuale la videoconferenza fa parte di una serie di dispositivi tesa a rappresentare l’immagine del  nemico (il mafioso o il terrorista) del quale si deve cancellare ogni traccia di umanità e ragione. Si suggerisce una colpevolezza a priori, legata a ciò che un soggetto è considerato piuttosto che ai gesti che ha effettivamente compiuto. L’imputato viene rappresentato come un mostro da tenere relegato e distante in quanto troppo pericoloso per presenziare in aula.
Così, una giuria popolare potrà condannare molto più a cuor leggero una immagine che scorre su uno schermo, come il telefilm della sera, piuttosto che un essere umano in carne ed ossa che è in grado di riconoscere come un proprio simile. Esattamente come un militare che guida un drone  uccide più a cuor leggero di uno che spara da distanza ravvicinata.
L’imputato invece verrà limitato nella possibilità di esporre le proprie ragioni da una corte che potrà  togliergli arbitrariamente la parola, e che di fatto lo porrà sotto questa costante minaccia. Verrà escluso, schiacciando un semplice tasto, ogni qualvolta dica qualcosa di non gradito dai togati.

Recentemente, con l’applicazione dell’articolo 270 sexies il potere ci ha dimostrato di possedere uno strumento giuridico potenzialmente in grado di colpire con condanne pesantissime ogni forma di reale conflitto sociale. Stabilito che terrorista è  considerato chiunque si opponga efficacemente al sistema, devono in seguito costruire l’immagine del terrorista con un adeguato impianto scenografico. Da questo punto di vista la videoconferenza è un ulteriore strumento di guerra psicologica che si aggiunge ai processi in aula bunker,  all’utilizzo di carceri speciali, al linguaggio mistificatorio con cui si descrivono le azioni di lotta, evocando tutto un immaginario.

Mentre le cause sociali della repressione sono sempre più evidenti, mentre assistiamo con crescente frequenza a costruzioni giudiziarie che assumono sfacciatamente il carattere della rappresaglia politica, i repressori mettono in atto l’ennesimo tentativo di tappare la bocca a chi si oppone ad un sistema fallito.
Vogliono soffocare le voci coraggiose e ribelli, vogliono seppellire le ragioni di chi lotta nel silenzio del cemento.
Le sentiranno i signori al potere queste voci, le sentiranno sempre più forti e sempre più vicine alle loro orecchie  che non tollerano disturbi. Le sentiranno nei tribunali che vorrebbero asettici, nelle piazze che vorrebbero rassegnate, nelle notti in cui vorrebbero dormire sonni tranquilli.

Solidarietà attiva a Gianluca e Adriano
Solidarietà ai compagni e alle compagne prigioniere
Solidarietà ai detenuti e alle detenute

Rete evasioni
Flex Mob

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Torino – Contro la videoconferenza imposta a Claudio, solidarietà dal processo “Banditi”

Il processo in videoconferenza rappresenta una modalità di “disincarnazione” del prigioniero o dell’imputato, privato non solo della presenza corporea all’interno dell’aula di tribunale, ma soprattutto di autonomia sensoriale ed espressiva: ciò che può vedere o ascoltare, così come la facoltà di esprimersi, vengono determinati da una serie di controlli che riducono la presenza di un individuo a un flusso di dati sottomesso alla volontà del giudice e dei suoi tecnici. Al di là di giustificazioni “al bisogno”, da quelle inerenti la sicurezza a quelle economiche, una pratica sperimentata nei laboratori del 41bis si sta estendendo a processi connotati da forti elementi di conflittualità e solidarietà, quali le udienze contro il prigioniero in lotta Maurizio Alfieri e la resistenza No Tav. 



segue da macerie

«Al nostro compagno Claudio è stato imposto di seguire quest’udienza solo tramite videoconferenza, pertanto lui non si trova ora qui vicino a noi. Questa misura aggrava ancor più la condizione di prigionia in cui si trova. Per questo, finché lui non sarà presente con noi in aula, ostacoleremo il buon procedimento di questo processo cominciando da ora, abbandonando l’aula.»

Questo il testo letto dai coimputati di Claudio presenti oggi in aula durante l’udienza preliminare del processo ai Banditi. L’udienza in realtà è rinviata a lunedì prossimo, 7 aprile, ma anche se per pochi minuti i compagni presenti hanno comunque un assaggio di cosa è un processo in videoconferenza.

In attesa di una riflessione più approfondita sulla questione, ci sembra dunque interessante condividere le impressioni raccolte questa mattina. Innanzittutto l’aula. Non è quella prevista, ma un’altra ubicata nei sotterranei del Palazzo e tecnologicamente attrezzata. Diverse sono le videocamere che riprendono il giudice, le parti offese e gli imputati con i loro avvocati e quattro gli schermi che ne trasmettono poi le riprese. L’immagine di Claudio occupa una piccolissima porzione degli schermi e rimane a lungo muta. Sono infatti i giudici gli unici a poter accendere il suo microfono e durante questa breve udienza evidentemente non ritengono necessario farlo. L’unico segnale della sua «presenza» arriva allora da uno squillo di uno dei telefoni presenti in aula cui, su indicazione delle guardie, risponde l’avvocato. Dall’altro capo c’è Claudio che, ottenuto il permesso dal secondino che lo affianca, esce di scena e si reca in fondo alla stanza per telefonare al suo difensore. Ci si accorge così  che la sua immagine arriva in differita e che in aula tutti possono ascoltare quello che l’avvocato dice al proprio assistito. Non molto a dire il vero, perché la conversazione non dura un granché, il giudice la interrompe infatti dopo poco ricordando che non stanno svolgendo un colloquio.

RINVIO INIZIATIVA “INSUSCETTIBILI DI RAVVEDIMENTO”

QUESTA NOTTE UN CARO COMPAGNO CI HA LASCIATO, ABBIAMO, PERTANTO, DECISO DI RINVIARE L’INIZIATIVA DI STASERA GIOVEDI’ 03 APRILE IN DATA DA DESTINARSI.

 

TENETE UN OCCHIO SUL BLOG PER ESSERE AGGIORNATE/I SULLE PROSSIME INIZIATIVE E SULLA DATA DEL RINVIO.

 

CIAO CARLO!!!