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Buddusò bruciata automobile di un carabiniere

Due notti fa’ l’auto di un carabiniere in servizio a Buddusò è stata incendiata. Dopo i due casi di Iglesias e i due di Orgosolo eccone un altro a breve distanza di tempo.

Pare che lo stesso militare avesse subito un attacco anche lo scorso anno. Andando a rileggere vecchie cronache di giornale risulta che la zona di Buddusò e dintorni sia particolarmente indigesta per le forze dell’ordine, una decina d’anni fa circa ci fu una lunga scia di attacchi a vari esponenti in divisa, dal comandante delle guardia forestale a carabinieri, ed in alcuni casi vennero usati anche strumenti decisamente efficaci. L’unione sarda del 24 gennaio 2010 titolava “Buddusò, salta in aria l’auto di un carabiniere”, pare che dell’auto fosse rimasto solo il telaio e non si riuscisse neanche a riconoscere il modello.

Le forze dell’ordine non dubitano della natura dolosa del fatto e pare si stiano concentrando nel controllo delle registrazione delle telecamere di zona. Nel frattempo Salvini annuncia che a breve verranno stanziati più di 400 nuovi sbirri in Sardegna. Non si sa bene in base a cosa il ministro dell’interno ritiene che la Sardegna sia sguarnita di controllo e forze dell’ordine, difficile immaginarlo visto che si tratta della regione più militarizzata d’Europa, ma tant’é. Forse lo scopo dell’invio di questo nuovo contingente è un altro, e il super ministro non si sente di svelarlo per paura di perdere consenso. Saranno i prossimi tempi a rivelarci se si tratta di una misura repressiva contro nuovi possibili tumulti in stile pastori, o se sia l’ormai secolare paura per quella certa resistenza che non sembra essere stata ancora sconfitta o altro ancora.

Sos sinnos della solidarietà

La repressione contro i compagni e le compagne ormai sta avendo sempre più connotati da caccia alle streghe e da rastrellamenti fascisti o da anni settanta. Prima a Torino poi a Trento e Cagliari gli artigli del nuovo ordine pacificatorio hanno stretto le maglie sulla carne dei nostri compagni, di coloro che credono sia doveroso prendere posizione sulla deriva autoritaria, securitaria e di sfruttamento.

Libertà minate, recise o controllate. La quotidianità del sopruso travalica ogni margine di sopportazione, l’odio del sistema è sempre più agguerrito, manipolando l’intera società con dosi di razzismo e neo fascismo, rendendo le menti asservite al giogo, calpestando con ogni mezzo di supporto coloro che hanno intrapreso la consapevolezza che questo ordinamento statuale, sistemico alle logiche del dominio capitalista, va contrastato con ogni mezzo ed esigenza necessari. La solidarietà verso i compagni e le compagne colpite dall’odio dello Stato è per noi un impulso che ci viene dal cuore, impulso che il potere non potrà mai capire, impulso che va oltre le sbarre portando i suoi segni, sos sinnos, indelebili: carezze, complicità e sorrisi; consapevoli che non abbiamo altra scelta, altra strada o possibilità. Gli abbracci, la lotta e la libertà.

Nurkùntra

STASERA CENA IN SOLIDARIETA’ ALL’ASILO OCCUPATO ED AGLI ARRESTATI DI TORINO

 

Stasera 7/2/2019 dalle ore 19 e 30 al magistero (in via is mirrionis 1) “serata in solidarietà ai compagni di Torino”

ALLE 19 E 30 AGGIORNAMENTO SULLA GIORNATA E GLI ASPETTI REPRESSIVI

A SEGUIRE CENA E BIRRETTE tutto il ricavato sarà per sostenere i compagni arrestati stamattina.

Stamattina alle 5, è scattato lo sgombero dell’asilo occupato di via Alessandria a Torino (nella foto la resistenza allo sgombero ancora in corso).

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Contemporaneamente venivano arrestati alcuni compagni con l’accusa di associazione sovversiva con finalità di terrorismo.
L’Asilo, occupato dal 1995, è da sempre al centro delle lotte portate avanti dai compagni a Torino e in Piemonte, il suo sgombero rappresenta un duro colpo reso possibile solo da una lunghissima serie di operazioni repressive ordinate dalla procura torinese che negli anni non ha lesinato su indagini e misure cautelari.

Gli arresti di oggi sono legati alle lotte contro i CIE portate avanti dai compagni e dalle compagne con ferma determinazione, vengono accusati di aver organizzato più di venti sabotaggi contro le ditte implicate nel funzionamento dei lager per migranti e nella macchina delle espulsioni.

Non ci interessa sapere se queste accuse siano fondate o meno, siamo solidali con loro e con le azioni di cui sono accusati.

Questo governo giallo-verde non sta facendo altro che accelerare i progetti repressivi coltivati negli ultimi vent’anni, sgomberi, arresti, retate, rimpatri, cariche, e militarizzazione sono la vera faccia di quello che doveva essere un governo del cambiamento.

A noi non resta che lottare, ognuno con le sue pratiche, cercando di sferrare i colpi più duri che possiamo a questo STATO di cose.

VI ASPETTIAMO NUMEROSI STASERA AL MAGISTERO PER DARE, ALMENO NEI TERMINI DELLA SOLIDARIETA’, UNA RISPOSTA IMMEDIATA E DECISA CONTRO QUESTA GRAVISSIMA OPERAZIONE REPRESSIVA.

TUTTI LIBERE

L’ASILO RESISTE

PARTECIPA E FAI GIRARE

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Ecco che trattamento è stato riservato stamattina a uno dei presidi in solidarietà a chi resisteva sul tetto dell’Asilo.

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manifesto 12last

Spagna – Manifesto delle manifestazioni antirazziste dell’ 11 novembre

Ripubblichiamo da: https://hurriya.noblogs.org/post/2018/11/05/spagna-manifesto-manifestazioni-antirazziste-11-novembre/

Traduciamo il Manifesto di convocazione delle manifestazioni contro il razzismo istituzionale previste a Madrid e in altre città della Spagna per l’11 novembre. Si tratta di una manifesto e di una mobilitazione promossa da collettivi di persone razzializzate. I contenuti critici del testo, la messa in discussione del “privilegio bianco”, la denuncia dell’atteggiamento antirazzista eurocentrico e paternalista che silenzia  e vittimizza le persone che subiscono il razzismo istituzionale sono inusuali in Italia. Proprio il giorno precedente, a Roma si terrà una manifestazione nazionale antirazzista e contro il governo. Non si può non notare come nella piattaforma di questa manifestazione non si parli dello strutturale razzismo istituzionale, di libertà di movimento, del regime delle frontiere, dei campi di concentramento detti CPR , dei lager in Libia. Nel testo non si esprime solidarietà e supporto a chi è sotto processo o paga con la galera per essersi ribellato nei CPR, negli hotspot e centri di accoglienza, a chi lotta nei ghetti e tendopoli di stato. Non si accenna nemmeno una volta ai controlli, retate, rastrellamenti, che avvengono ogni giorno nelle strade e nei luoghi dove vivono le persone razzializzate. L’assenza di questi temi non sorprende, perché, come affermano le persone che hanno dato vita alle rete che organizza queste manifestazioni “tutto questo razzismo istituzionale e strutturale è rivolto contro di noi. Sono i migranti che sono colpiti dalla violenza delle leggi razziste, sono le persone razzializzate che sono rinchiuse nei ghetti, che vengono criminalizzate e tutelate infantilizzandole, a cui viene negato il diritto di voto nonostante risiedano qui , ai musulmani/e, che sono strumentalizzati oggi per esercitare un maggiore controllo sul resto delle comunità, che vengono criminalizzati, che vengono fermati per strada o nella metropolitana dopo che un attacco terroristico è accaduto qui o centinaia di chilometri, che sono segnalate nelle aule; partendo da questo, rivendichiamo il diritto di guidare le nostre lotte. Dovremmo porre fine al complesso industriale del salvatore bianco. Questa sindrome filantropica eurobianca “che mira a salvarci”, parlare per noi e mettere sotto tutela le nostre lotte. Questo gesto di infantilizzazione è un gesto razzista, ed è portato avanti da molti gruppi bianchi, dalla sinistra o dalle ONG – può essere con buone intenzioni – ma che però mira a toglierci autorevolezza come soggetti politici. Questa è una marcia che nasce dalla propria pelle. Ciò significa che siamo noi che viviamo quotidianamente situazioni razziste, siamo noi che attraversiamo le frontiere e affrontiamo l’impalcatura degli ostacoli presenti nelle istituzioni e nelle leggi che compongono questo stato, chi meglio di noi può organizzare questa lotta?”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Manifesto della manifestazione antirazzista dell’ 11 novembre

Traduzione da: Es Racismo

Noi comunità razzializzate afro-discendenti, diaspora africana, mora-musulmana, gitana, latinoamericana e caraibica, e asiatica, siamo i corpi oppressi dall’occidente. Siamo qui, nipoti delle indie che il colonialismo non ha potuto uccidere, delle nere che l’eurocentrismo non ha potuto sterminare e nipoti delle gitane che le retate genocide non hanno finito di annichilire.

Siamo qui, figlie delle migranti perseguitate dalle politiche razziste di Spagna, le richiedenti protezione internazionali, le senza documenti e quelle che ricordano Lucrecia Pérez Matos (ndt. Lucrecia Pérez Matos aveva 32 anni, era da poco più di un mese in Spagna. Licenziata dal lavoro senza contratto di collaboratrice domestica, era stata costretta a vivere con altre connazionali dominicane tra le rovine della Discoteca Four Roses nella periferia di Madrid e lì morì il 13 novembre 1992, quando José Luis Merino Pérez, 25 anni, le sparò. Guardia Civil di professione, appartenente a un gruppo neonazista, quel giorno lui e il suo gruppo irruppero sparando tra le rovine della discoteca per “dare una lezione ai neri”. In Spagna la morte di Lucrecia Pérez Matos è considerata come il primo omicidio razzista e xenofobo riconosciuto come tale dalle autorità giudiziarie).

Siamo le discendenti delle comunità razzializzate che la supremazia bianca d’Europa non ha potuto assassinare.

Vogliamo riversarci per le strade anche quest’anno. Questa volta senza i nostri fratelli: Mame Mbaye che morì a Lavapiés inseguito dalle retate razziste dello stato spagnolo. Ci mancano Manuel Fernández Jiménez, assassinato dalle politiche carcerarie antigitane dello stato razzista spagnolo, e Mohamed Bouderbala assassinato nel Centro di detenzione per stranieri di Archidona, Málaga.

Non ci sono nemmeno coloro che hanno perso la vita a causa delle frontiere marittime di questa penisola-fortezza, né tutti quei corpi anonimi trasformati in cifre, prodotti della necropolitca spagnola.

Tutte queste vite che ci sono state strappate per noi non sono cifre, non sono statistiche e non permetteremo diventino il loro farmaco placebo che alimenta la buona coscienza bianca dell’antirazzismo morale. Quello a cui piace mettere facce di tutte le tonalità per far partire il gioco della democrazia razziale. Questo non è altro che una strategia cosmetica che pretende di legittimare la disonestà delle persone che vengono scelte dal potere bianco per parlare a nostro nome dandosi colpi sul petto durante i periodi di elezioni. Di fronte a questo opportunismo, noi decidiamo di prenderci le strade nuovamente per rivendicare che le voci razzializzate che scoppiarono il 12 novembre, non chiedono di essere tollerate né tutelate, siamo qui per ribaltare il tavolo del gioco politico.

Stiamo qui perché non approviamo la militarizzazione delle frontiere, né le frontiere. Non vogliamo essere perseguitatx da retate razziste, né essere incarceratx nei centri di detenzione per stranierx, non vogliamo le istituzioni penitenziarie dello stato razzista, né essere deportatx. Non vogliamo che i nostri fratelli e sorelle venditorx ambulanti, siano perseguiti e criminalizzati. Non vogliamo la legge sull’immigrazione, una legge cis-sessista e razzista. Non vogliamo che le loro imprese continuino a fare estrattivismo nei nostri territori danneggiando le nostre comunità e i popoli nativi. Non vogliamo che i libri di storia continuino a cancellare la responsabilità coloniale dello stato spagnolo e i genocidi su cui si fonda. Non vogliamo camminare per strade e stazioni della metro che rendono omaggio ad assassini e schiavisti.

Oggi celebriamo collettivamente il patrimonio di nostrx antenatx e fratellanze in lotta antirazzista, facciamo una chiamata a tuttx quellx che  si confrontano ogni giorno col razzismo istituzionale e i suoi tentacoli politici. Alle sorelle che hanno affrontato il sistema di sfruttamento razzista nei campi di Huelva, a fratelli e sorelle gitanx che dopo 500 anni di assedio e persecuzione continuano a resistere orgogliosamente all’integrazionismo di stato, a fratellx manteros che ogni giorno dimostrano, davanti alle accuse della polizia, che sopravvivere non è un delitto.

A fratelli e sorelle a cui il regno di Spagna nega la protezione internazionale condannandolx all’illegalità e a chi ci dimostra ogni giorno che la nostra umanità non dipende da un documento di identità. Alle persone trans migranti e rifugiate che lottano per un nome e combattono contro il regno di Spagna che prova a cancellarlx.

Ad ognuno dei collettivi di persone razzializzate che sono stati spinti dal potere bianco ai margini di ciò che è politico e umano, è a voi che ci rivolgiamo per iniziare un processo di responsabilità politica fondato sulla rabbia che abbiamo accumulato nei secoli. Affinché tale processo attivi la conoscenza che ormai abbiamo dell’identità politica bianca e delle sue tante facce e si articoli e mobiliti a partire dall’esperienza della materialità nella quale ci hanno obbligato a sopravvivere.

Così come tutte le risorse morali, politiche e non materiali che abbiamo ereditato dai nostri antenati per costituire un soggetto politico razzializzato che una volta per tutte faccia sentire la nostra voce, e che dall’autonomia politica rivendichi lo spazio che ci appartiene. In breve, ci appelliamo alla costruzione dello strumento politico che serve per l’emancipazione di tutti i collettivi non bianchi dello Stato spagnolo, di quelli più in basso di quelli in basso.

La nostra forza risiede nella nostra capacità di creare insieme, non in collaborazione con il potere caritatevole bianco. Non dimentichiamo, ed è per questo che siamo qui, perché camminiamo sempre con la nostra lunga memoria sveglia, ricordando che non vogliamo vivere in questo mondo razzista costruito dalla bianchezza. Ricordando loro che siamo vivi, che voi europei spagnoli bianchi avete la responsabilità di riparare e di abolire tutte le strutture e l’oppressione coloniali, le istituzioni razziste e le leggi che attentano alle nostre vite.

Organizzazioni firmatarie:

MAPA 12N – Movimiento de Acción Política Antirracista Courage

Kale Amenge – Gitan@s por l@ nuestr@s Conciencia Afro

uMMA – Movimiento Moro Antirracista Kwanzaa

Migrantes Transgresorxs/Ayllu

SOS Racismo Madrid

Estudiantes Latinoamericanxs de Abya Yala

Iniciativa Comunista

Federación Estudiantil Libertaria

Colectivo de Manteros de Zaragoza

Asamblea 12N ZGZ Antirracista

Asociación Musulmana por los Derechos Humanos (AMDDHH)

Asociación de inmigrantes Senegalés de Aragón

Feministas Comunitarias de ABYA YALA Tejido España

Se suman también los tejidos de México, Colombia, Brasil, Bolivia, Chile, Suecia

Asociación de Estudiantes Antirracista Raíces de la UAM

Madrid Solidaria por Palestina

Somos Migrantes

Cronaca di un picchetto anti sfratto

Oggi in via Baccaredda si è tenuto un picchetto antisfratto contro il tentativo di sgombero da parte di AREA : l’ente regionale che si occupa di alloggi che vorrebbe riappropriarsi di un appartamento occupato da qualche anno.

Ai danni dell’occupante ragazza madre è in piedi un progetto di sfratto che ormai va avanti da 5 tentativi di accesso. Ormai sembra consolidata la pratica degli ufficiali giudiziari di presentarsi con al seguito una o due pattuglie ed in questo caso ne sono piovute dagli antri della questura ben 3.

Insieme all’ufficiale giudiziario ed alle solerti guardie si è presentato un signore con polo ed occhiali scuri che, dopo diverse insistenze, si è palesato come medico della ASL ed ha certificato che la sfrattanda fosse nelle idonee condizioni di salute per essere sbattuta fuori di casa.

Gli sbirri hanno tentato, senza successo e forse con qualche denuncia, di forzare l’accesso perchè a loro dire avrebbero voluto “verificare le condizioni” ma i solidali del Movimento di Lotta per la casa presenti hanno impedito il loro ingresso con qualche strattone.

L’ufficiale giudiziario ha quindi convocato la Digos e fatto mille telefonate per poi concedere un rinvio al 22 novembre.

Continuano così i tentativi di AREA di riappropriarsi degli immobili occupati attraverso mille sotterfugi : dall’invio dei medici, alla presenza dei funzionari dello stesso ente e degli avvocati di parte trasformando così i picchetti in un braccio di ferro continuo con questi abbietti figuri.

la presenza di solidali è stata fondamentale per evitare lo sfratto e la contrapposizione attiva sembra , per ora, una pratica vincente nel momento emergenziale dello sfratto.

Servirebbe una riflessione per variare le pratiche e spiazzare la repressione.

La casa è di chi l’abita.

Is arenas, un’insolita protesta

I sindacati di Polizia Penitenziaria segnalano un’insolita protesta nella casa di reclusione di Is arenas nei pressi di Arbus. I secondini da diversi giorni si autoconsegnano nell’istituto di pena rifiutandosi o comunque tardando il rientro a casa.Questo per denunciare le condizioni di lavoro pessime e causa di tachicardia, pressione alta e malori, stando agli agenti.

Le guardie così hanno pensato bene di restare nel luogo di lavoro che gli causa tanti malanni oltre l’orario d’impiego per fare pena alle istituzioni o forse come una lenta forma di suicidio.

I sindacati tuonano : Mangiamo panini o facciamo cene improvvisate ed anzi ci rifiutiamo pure di andare a mangiare alla mensa così ci ascolteranno e inoltre hanno tolto anche la navetta dall’istituto al paese. Anche questa è una mossa molto astuta che non puo’ far cadere nel silenzio la protesta, o forse no?

Ma i secondini non hanno tenuto conto che anche le istituzioni di fronte a tanta idiozia tacciono e così nessuno gli da retta.

Possiamo solo auspicare per loro una diserzione collettiva oppure che cuociano nel loro brodo, sempre che se lo portino da casa visto che alla mensa non ci vanno.

fuoco alle galere.

 

FOGLIO DI VIA, UN INSOLITO SALUTO

Il 19 settembre un nostro compagno, mentre lasciava l’isola, è stato raggiunto dalla Digos che , non volendo dimostrarsi maleducata nell’essere avara di saluti, gli ha consegnato un foglio di via da Cagliari e provincia per un periodo di 3 anni.

Il provvedimento è datato 28 Giugno, quindi la polizia è stata paziente come un avvoltoio nella consegna del provvedimento. Forse non gli andava l’idea di rovinare l’Estate al nostro compagno oppure chissà.

Le motivazioni sono racchiuse in un elenco di denunce e anche nella curiosa motivazione di essere stato ospitato da figure dell’anarco insurrezionalismo isolano non meglio precisate.  Ovviamente sono presenti le sempre ridicole supposizioni circa il non avere “gravi motivazioni che giustifichino la sua presenza sul territorio” e da li che la conseguenza sia che :  se sei ascrivibile ad una determinata area politica e vieni in Sardegna lo fai per commettere atti illeciti. Alla faccia della propensione al turismo.

Magari chissà, il nostro compagno lavorava qua, magari era semplicemente un turista attento della fauna degli stagni oppure era semplicemente qua perchè abbiamo un mare molto bello, ma la questura non ha orizzonti ampi e quindi conta cio’ che pensi e non cio’ che fai. Così con l’instancabile Digos ,come ha già fatto piu’ volte in occasioni di cortei o iniziative o anche semplicemnte per il gusto di farlo, commina il foglio di via.

Questi provvedimenti mirati a tutelare il mitologico “ordine pubblico” sono solamente dei tentativi di spezzare le lotte, di isolare anche i semplici rapporti e criminalizzare la sola presenza in un determinato territorio.

I fogli di via sono una pratica a costo zero che ricordiamo è stata utilizzata al corteo di Teulada ed a tante altre iniziative. Sempre piu’ si sente la necessità di una solidarietà forte ed organizzata per far fronte comune contro questi attacchi.

Al nostro compagno va la nostra solidarietà ed un forte abbraccio.

Alla questura il nostro solito ma imperterrito odio.

Per chi suona la campanella

Al carcere di Massama la campanella non suona per ora.  La scuola non apre i battenti per i detenuti, mentre nelle carceri sarde sarebbero iniziati i corsi previsti, nel carcere oristanese il direttore giustifica il blocco scolastico con la dicitura “gavi motivi” senza specificare quali essi siano. I detenuti dimostrano il loro disappunto anche perchè significa ritardare corsi già iniziati o difficoltà nell’intraprendere un percorso scolastico.

Nelle carceri sarde negli ultimi tempi la tensione sembra piu’ alta. Si contano diverse aggressioni ai secondini e le condizioni di vita sono sempre piu’dure. Il sovraffollamento sopratutto nei periodi estivi rende la vita nelle carceri sempre piu’ difficile e sicuramente le angherie di sbirri e direttori non addolciscono la pillola. Dal canto loro i sindacati di polizia continuano una litania ormai giornaliera per rinforzare il personale e addirittura si lanciano nel marasma delLe proposte chiedendo il trasferimento dei detenuti “fastidiosi”. L’autorità si sa, non sopporta voci contrarie.

Nel fantomatico discorso sul reinserimento sociale e sulla rieducazione che sottende al carcere sono palesi le falle. L’illusione che il carcere sia un luogo da cui uscirne migliorati è solo nella mente delle fate e dei folletti dei boschi. La sospensione delle attività come quella scolastica a Massama, o nell’accesso premiale alle attività extra si riscontra un sistema basato solo sulla coercizione fine a se stessa perchè altrimenti, vista l’importanza che viene data a queste attività, non basterebbe certo il prurito di un direttore a sospenderle, anzi.

Il carcere resta sempre un luogo di tortura, resta sempre un sistema da abbattere.

SEGUIRANNO AGGIORNAMENTI

SOLIDARIETA’ CON I COMPAGNI ACCUSATI DI 270 BIS

Il 15 Settembre il DDAT del tribunale di Cagliari ha fatto scattatare un’operazione di “antiterrorismo” fra Cagliari e Nuoro.

Perquisizioni e sequestri di passaporti e materiale vario per chi a detta degli sbirri sarebbe un cosiddetto foreign fighter e coloro che sono indagati come complici.

L’accusa è quella di essere andati a combattere in Kurdistan nelle file dell’YPG, le unità di protezione del popolo curdo, poco importa se il nemico principale contro cui queste combattono sia l’ISIS, il problema per sbirri e magistrati nostrani è che il PKK è inserito nella lista nera dei gruppi terroristici e l’YPG venga visto come una costola di esso. Quindi terroristi.

Al di fuori delle accuse e delle speculazioni intellettuali della repressione, quello che ci interessa notare è che in seguito a questa indagine si sia palesata la volontà di accusare i compagni indagati secondo l’articolo 270-bis del codice penale: associazione sovversiva con finalità di terrorismo. Una vecchia conoscenza per i compagni sardi e non.

Le costruzioni degli organi repressivi sono sempre altisonanti e fantasiose ma la pesantezza di un’accusa del genere significa ben altro.

La lotta che da anni viene portata avanti in Kurdistan è una delle esperienze più interessanti esistenti al mondo, seppur fra mille difficoltà e contraddizioni è un tentativo reale di opposizione al capitalismo e alle logiche di potere e mercato degli stati occidentali e mediorientali, fatto di guerriglia e autogestione.

Un’indagine fatta con questi presupposti è palesemente un deterrente per chi volesse intraprendere la stessa strada, un’intimidazione verso chi si stava organizzando per partire, un chiaro attacco alla solidarietà internazionale che da sempre è un nemico scomodo per gli sfruttatori.

Una volta di più si conferma come non conta tanto quello che fai, ma quello che pensi. La guerra al terrorismo dell’ISIS va bene solo se la fai con una mimetica di un esercito regolare, se fai parte di una milizia autorganizzata di una nazione non riconosciuta sei anche tu un terrorista, un nemico da reprimere, questo è il significato delle indagini di ieri.

Un simile attacco a chi porta la solidarietà, non solo con parole, ad una causa che ritiene giusta, mettendo a rischio la propria vita e mettendo in discussione gli aspetti della propria vita, non puo’ che suscitare la nostra rabbia.

Rispondere a questi attacchi significa far sentire la nostra vicinanza a chi viene colpito dalla repressione e costruire una solidarietà sempre più forte.

Solidarietà ai compagni accusati di 270-bis. Odio contro la repressione e lo sfruttamento in ogni loro forma.

    Cassa antirepressione sarda