Archivi del mese: giugno 2019

SOLIDARIETA’

Il 25 giugno alle 7 del mattino vengono perquisite le abitazioni di 4 compagni tra Sassari e Nuoro e il circolo S’Idea Libera con la motivazione dell’articolo 41 TULPS alla ricerca di armi ed esplosivi.

All’ennesimo attacco alla libertà ed alle idee di autorganizzazione dobbiamo rispondere con ancora piu’ fermezza nel continuare le lotte e con una solidarietà forte.

Ai compagni e alle compagne che hanno subito lae perquisizioni va tutta la nostra solidarietà ed un abbraccio forte come la nostra voglia di libertà.

Non sarà il potere a determinare le nostre vite. Non saranno perquisizioni ed inchieste a fermare le lotte.

Assemblea per l’autodeterminatzione

DAL REGNO DELL’AQUILA – AGGIORNAMENTI SULLO SCIOPERO DELLA FAME + AGGIORNAMENTI

 

Oggi, 28 giugno 2019, le tre compagne anarchiche rinchiuse nella sezione A.S.2 del carcere di L’Aquila, hanno posto fine allo sciopero della fame iniziato dalle stesse Silvia e Anna lo scorso 29 maggio, facendone comunicazione ufficiale all’istituto penitenziario.

Hanno anche scritto una dichiarazione di conclusione dello sciopero che hanno spedito via posta ad alcune realtà di movimento.

Dal colloquio che si è svolto stamattina con alcune delle avvocate, apprendiamo anche la notizia relativa alla prosecuzione dello sciopero della fame in sostegno alle rivendicazioni delle compagne, oltre che di Marco, detenuto ad Alessandria, anche di Alfredo, detenuto a Ferrara. È ora urgente dare anche a loro comunicazione tempestiva dell’interruzione dello sciopero da parte delle compagne.

In vista di un’udienza che si terrà presso il tribunale di Torino il prossimo 2 luglio, che vede imputata con altri/e anche Silvia alla quale è stata autorizzata la presenza in aula, comunichiamo che il suo trasferimento è avvenuto già oggi.

Anna e Natascia proseguiranno nei prossimi giorni la protesta tramite battitura, unendosi a quella ancora in corso nelle sezioni di 41bis.

A breve le dovute considerazioni.

 


29 GIUGNO: Aggiornamenti dal carcere di Alessandria.
Da colloquio svolto con Marco stamattina apprendiamo che, venuto a
conoscenza dell’interruzione dello sciopero della fame da parte delle
compagne che l’avevano iniziato a L’Aquila, ha deciso di porre fine
anche al suo. Oggi stesso riprenderà il cibo dal carrello.

Giuseppe, trasferito da poco in quella stessa sezione, ha iniziato ieri
uno sciopero della fame perché si sblocchi l’isolamento in cui ancora lo
tengono. Protrarrà il rifiuto del cibo fino a lunedì. Attenderà poi una
settimana, al termine della quale, se non saranno cambiate le
condizioni, valuterà in che termini riprendere la protesta.

Chiamata a giudizio

Apprendiamo dalle carte inviate al nostro compagno Paolo dall’instancabile magistrato Guido Pani, che il primo Aprile 2022 ci sarà un processo perchè un secondino infame avrebbe denunciato Paolo per degli insulti ricevuti.

Nella pochezza della vita delle guardie carcerarie evidentemente c’è poco spazio  per accumulare insulti, forse dopo le loro vessazioni  si aspettano carezze, ma queste non arrivano. In carcere però c’è chi non abbassa la testa di fronte a alle dimostrazioni di potere dei secondini e preferisce rispondere a testa alta ai loro soprusi.

Paolo è uno di questi ed a lui va un grande abbraccio, il nostro sostegno e la nostra solidarietà.

Paolo Libero,Tutti libere.

Fuoco alle galere.

L’aria che tira

Il 27 giugno la macchina degli sfratti si è rimessa in moto per due famiglie al quartiere C.E.P. a Cagliari. Non si tratta di occupazioni ma di vecchi debiti non pagati ad AREA l’ente autonomo della regione Sardegna. Debiti vecchi, si parla di 20/30 anni addietro, risalenti a dei contenziosi che risalgono ai genitori o addirittura ai nonni degli attuali abitanti. Persone che vivono in quelle case da 40/50 anni, che hanno costruito nel quartiere amicizie, relazioni e che hanno visto le strade mutare, evolversi attraverso gli occhi dei figli e dei nipoti. Ma al di fuori del triste romanticismo esiste una realtà fatta di burocrazia e cartelle esattoriali che non rispondono alle richieste di conciliazione degli abitanti ma che ascoltano solo il silenzioso mutismo del loro ruolo di inquisitori.

Verso le dieci iniziano a girare le prime pattuglie e di seguito ufficiali giudiziari, impiegati di AREA e due solerti operai pronti a cambiare la serratura. Un anziano signore sotto sfratto apre la porta timidamente quando l’ufficiale giudiziario bussa, la apre diffidente e speranzoso in un altro rinvio. Non fa in tempo a rimanere deluso : sei poliziotti, ufficiali ed operai sono già dentro casa e ne prendono possesso. Lo seguono in ogni movimento, gli impediscono di portare con se anche il minimo oggetto, comprese le medicine che lui e la moglie sono obbligati a prendere ogni giorno. Gli animali, gatti ed uccellini, restano chiusi dentro dicendogli che non potrà rientrare a prendere i suoi effetti personali prima di un mese. In un attimo la serratura viene cambiata e lui si trova in strada, spaesato dopo aver vissuto li per 50 anni.

La polizia si sposta verso l’altra famiglia da sfrattare e così gli ufficiali giudiziari. Gli impiegati di AREA preferiscono stare lontani per evitare altri insulti. In questo caso un certificato medico per un recente infarto consente un rinvio. Le porte vengono comunque barricate ed i solidali fanno muro davanti al portone. A rinvio avvenuto la polizia identifica i presenti e si sposta a pattugliare la zona per evitare che la casa da loro conquistata sia sfondata di nuovo, intanto girano , come avvoltoi sopra un cadavere, due agenti della DIGOS.

Al di fuori della tristezza che ci avvolge in un momento così, al di fuori del senso di impotenza resta la rabbia e delle amare riflessioni.

I proclami di Salvini vengono applicati anche a Cagliari, con ritardo magari ma il vento è cambiato, e il comando “prima si sfratta e poi si trova la soluzione” viene applicato in pieno. AREA dal canto suo continua a recuperare gli immobili per costruirsi un patrimonio che resterà inutilizzato, per accumulare potere immobiliare a discapito del disagio di centinaia di persone.

La riflessione dovrebbe portarci ad essere piu’ determinati per far si che queste situazioni abbiano sempre piu’ ostacoli davanti a loro. Ricostruire una solidarietà dalle ceneri dell’egoismo diffuso, riappropriarsi di una coscienza di classe per riconoscere come vicini gli sfruttati e come nemici gli sfruttatori è un primo passo, piccolo ed enorme allo stesso tempo, ma doveroso.

La rabbia invece, quella deve restare costante e ne abbiamo tanta.

 

 

In solidarietà con i prigionieri e le prigioniere in sciopero della fame

La normalità di un mercoledì sera nel cuore di Cagliari è stata colorata da uno striscione, calato da un’impalcatura in piazza Yenne. Su questo si legge: “CHIUDERE AS2 A L’AQUILA, SILVIA E ANNA LIBERE”.

In solidarietà con Silvia, Anna, Nat, Alfredo e Marco, ormai quasi tutti/e da un mese in sciopero della fame nelle carceri dello Stato Italiano.

Chiudere subito la sezione AS2 del carcere de L’Aquila.

No alla videoconferenza durante i processi.

Tutti liberi e tutte libere

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Perquisizioni a Sassari e Nuoro

Ieri mattina alle 7 Digos e Carabinieri di sono presentati in quattro abitazioni di compagni e compagne di Sassari e Nuoro per effettuare delle perquisizioni alla ricerca di armi e esplosivi. Per fare questo si sono avvalsi dell’art. 41 del TULPS, che prevede che per motivi di particolare gravità legati alla sicurezza si possa procedere anche in assenza di un mandato di perquisizione firmato da un giudice. Nell’ambito dell’operazione è stata perquisita anche la sede di S’Idea Libera, sempre a Sassari.

Queste perquisizioni arrivano a 4 mesi da quelle effettuate a Cagliari nell’ambito dell’op. Renata il 18 Febbraio, e a 9 da quelle dell’operazione per 270 contro i cosiddetti “foreign fighters”.

Questi attacchi non fanno altro che confermare il clima di controllo e repressione verso chi non si conforma con il sistema vigente e prova ad autorganizzarsi.

Ma questo non servirà a fermare le lotte.

Ai perquisiti e agli indagati va tutta la nostra solidarietà, agli sbirri tutto il nostro odio.

La redazione di NoBorderSard

SEGUIRANNO AGGIORNAMENTI

 

 

5G Sardegna, antenne, controllo e inquinamento. Una riflessione

La Sardegna è di nuovo tristemente in prima fila nel progresso tecnologico di stampo industriale – poliziesco. 4 comuni sardi sono fra le città pilota per le sperimentazione del 5G, il sistema di comunicazione che dovrebbe andare a sostituire l’attuale 4G. Si sta facendo un gran discutere dei pro e dei contro di questa novità tecnologica, si sprecano gli esempi di quali grandi vantaggi porterà. Fra questi il più quotato è quello che annuncia la possibilità di essere operati a Cagliari da un dottore che fisicamente si trova in Canada…la domande che sorge spontanea (perlomeno a me), è chi avrà diritto a usufruire di questo servizio? E la risposta è sempre la solita: chi se lo potrà pagare. Invece tutti i danni causati dalla miriade di antenne che verranno installate ricadranno su tutti, ecco confermarsi per l’ennesima volta il paradigma di classe in cui i privilegi sono per pochi e le conseguenze per tutti. Che le preoccupazioni in materia di salute siano fondate lo confermano i sindaci di Noragugume, Pompu e Segariu che si sono rifiutati di concedere “la loro” comunità come cavia per gli esperimenti sul 5G. Ovviamente invece il neoeletto sindaco di Cagliari Paolo Truzzu (sentinella in piedi ed ex picchiatore del FUAN) è ben lieto che il capoluogo adempia al ruolo sperimentale per la nuova tecnologia.

Ma non basta, le critiche al 5G non possono fermarsi all’aspetto sanitario. Il 5G rappresenta il nuovo orizzonte di un controllo totale su qualsiasi aspetto delle nostre vite, fatto da noi e su di noi. E’ la strada verso la totale amputazione dei rapporti personali fatti di parole e incontri.

In un mondo dove lo smartphone è diventata la protesi del 99,9% delle persone, l’arrivo di una nuova tecnologia così performante fa paura, ci si chiede perché? A cosa serva? Se sia necessaria? O se invece sia l’ennesimo elemento per togliere alle persone la capacità di ragionare, decidere, organizzarsi e ribellarsi.

A proposito di questo consigliamo la lettura di questo contributo apparso su finimondo.org:

Contro lo smartphone

È sempre lì, è sempre acceso, non importa dove siamo o cosa facciamo. Ci informa su tutto e su tutti: cosa fanno i nostri amici, quando parte la prossima metropolitana o come sarà il tempo domani. Si preoccupa di noi, ci sveglia al mattino, ci ricorda appuntamenti importanti e ci ascolta  s e m p r e. Sa tutto di noi, quando andiamo a dormire, dove siamo e quando ci fermiamo, con chi comunichiamo, chi sono i nostri migliori amici, che musica ascoltiamo e quali sono i nostri hobby. E tutto ciò di cui ha bisogno, è solo un po’ di elettricità di tanto in tanto.
Quando gironzolo per il quartiere o prendo la metropolitana, osservo quasi tutti e nessuno riesce a trattenersi per più di qualche secondo senza mettere la mano in tasca con uno scatto improvviso: velocemente il telefono esce fuori, si invia un messaggio, si controlla una email, si seleziona e si riordina una foto, una breve pausa, e si ricomincia, passando velocemente delle notizie del giorno a quel che faranno oggi gli amici…?
È il nostro compagno quando siamo in bagno, al lavoro o a scuola, e apparentemente ci aiuta a superare la noia mentre aspettiamo o lavoriamo, e così via. Sarà questa una delle ragioni del successo di tutti gli apparecchi tecnologici che ci circondano, che la vita reale è talmente noiosa e monotona che uno schermo di pochi centimetri quadrati è quasi sempre più emozionante del mondo e delle persone che ci circondano? È come una dipendenza (perlomeno ci sono persone che presentano chiari sintomi d’astinenza…) o addirittura fa talmente parte del nostro corpo da non riuscire più ad orientarci, perennemente con la sensazione che ci manchi qualcosa; è perfino diventato, più che un aiuto o un giochino, addirittura una parte di noi che esercita un certo controllo su di noi, a cui ci adattiamo, visto e considerato che non usciamo di casa se non dopo aver caricato completamente la batteria? Lo smartphone come prima tappa verso l’offuscamento del confine tra l’essere umano e il robot? Vedendo quel che i vari tecnocrati profetizzano (Occhiali Google, chip impiantati, ecc.), sembra che siamo quasi a un passo dal diventare dei cyborg, persone con gli smartphone impiantati che controlliamo attraverso i nostri pensieri (finché i nostri pensieri a un certo punto non si auto-controlleranno). Non è sorprendente che i portavoce del dominio, i media, ci mostrino solo gli aspetti positivi di questa involuzione, ma è scioccante che praticamente nessuno metta in discussione questa visione delle cose, nemmeno per principio. È probabilmente il sogno più eccitante di qualsiasi potente: essere in grado di monitorare costantemente i pensieri e le azioni di tutti e di intervenire immediatamente al minimo intoppo. Autorizzare i bravi lavoratori a svagarsi un po’ (virtualmente) come ricompensa, mentre pochi si riempiono le tasche.
Allo stesso modo il controllo e il monitoraggio hanno raggiunto un livello inaspettato, con l’enorme quantità di dati così facilmente accessibili da tutti in qualsiasi momento della giornata. Questo va ormai ben oltre la semplice intercettazione dei telefoni cellulari o l’analisi dei messaggi (come durante le sommosse di Londra del 2011). Col loro accesso ad una quantità incredibile di informazioni, i servizi segreti sono in grado di definire cosa sia «normale». Possono dirci quali luoghi siano «normali», quali contatti siano «normali», eccetera. In breve, possono rilevare quasi in tempo reale se e quando le persone deviano dal loro «normale» modo di agire e intervenire immediatamente. Questo dà ad alcuni un potere enorme, che sarà utilizzato ogni qualvolta ci sia l’opportunità di sfruttare tale potere (di monitorare le persone). La tecnologia è parte del potere, ne deriva e ne ha bisogno. Necessita di un mondo in cui alcuni abbiano il potere estremo di produrre e attivare cose come lo smartphone. Qualsiasi tecnologia che scaturisca dall’odierno mondo oppressivo ne fa parte e consoliderà l’oppressione.
Niente è neutro nel mondo attuale, tutto ciò che è o è stato sviluppato finora serve sia per estendere il controllo che per fare soldi. Inoltre, molte innovazioni degli ultimi decenni (come il GPS, l’energia nucleare o Internet) provengono direttamente dall’esercito. Per lo più, questi due aspetti vanno di pari passo, ma il «benessere dell’umanità» non è certamente un motivo per sviluppare qualsiasi cosa, e soprattutto non quando viene prodotto dall’esercito.
È possibile che, su esempio dell’architettura, si possa illustrare meglio qualcosa di tanto complesso come la tecnologia: se consideriamo una prigione vuota e dismessa, cosa bisognerebbe farne, se non abbatterla? Già solo la sua architettura, i suoi muri, le sue torri di guardia e le sue celle contengono lo scopo di quell’edificio: imprigionare le persone e distruggerle psicologicamente. Viverci per me sarebbe impossibile, semplicemente perché l’edificio stesso porta già in sé l’oppressione.
Lo stesso vale per tutte le tecnologie, che ci vengono presentate come un progresso e come qualcosa che ci facilita la vita. Esse sono state sviluppate con l’intento di arricchirsi e di controllarci e porteranno sempre questo con sé. Al di là dei presunti vantaggi che possono derivare dal tuo smartphone, chi si arricchisce raccogliendo i tuoi dati e sorvegliandoti ne trarrà sempre più vantaggi di te.
Se in passato si affermava «Sapere è potere», oggi si dovrebbe dire piuttosto: «Le informazioni sono potere». Più i governanti conoscono le loro pecore, meglio possono dominarle — In questo senso, la tecnologia nel suo complesso è un potente strumento di controllo per prevedere e di fatto impedire che le persone si ritrovino e attacchino ciò che le opprime.
Dopo tutto, questi smartphone sembrano esigere qualcosa di più di un po’ di corrente…
Nella nostra generazione, fra coloro che almeno hanno conosciuto il mondo senza smartphone, può darsi ci sia ancora qualcuno che comprende di cosa sto parlando, che sa ancora cosa significhi avere una conversazione senza guardare il proprio cellulare ogni trenta secondi, perdersi mentre cammina e quindi scoprire nuovi luoghi o parlare di qualcosa senza ricevere immediatamente una risposta da Google. Non si tratta per me di tornare al passato, anche se ciò non sarebbe comunque possibile, ma più la tecnologia penetrerà nella nostra vita, più difficile sarà distruggerla. E se fossimo una delle ultime generazioni ancora in grado di fermare questa progressiva trasformazione dell’essere umano in robot totalmente controllati?
E se a un certo punto non potessimo più invertire la tendenza? L’umanità ha raggiunto uno stadio storicamente nuovo con la tecnologia. Uno stadio in cui è in grado di annientare per sempre la vita umana (con l’energia atomica) o di modificarla (con la manipolazione genetica). Questo fatto sottolinea ancora una volta la necessità di agire oggi per distruggere questa società. Per fare questo, dobbiamo incontrarci con altri complici e comunicare le nostre idee.
Tuttavia, dovrebbe essere chiaro che a lungo termine avrà un effetto se comunichiamo attraverso messaggi di cinque frasi al massimo invece di parlare tra di noi. Una cosa che in apparenza non conta. Prima di tutto, il nostro modo di pensare influenza il nostro modo di parlare, ma è altrettanto vero il contrario: il nostro modo di parlare e di comunicare influenza il nostro modo di pensare. Se siamo solo capaci di scambiarci messaggi più che mai brevi e concisi, come potremo parlare di un mondo completamente diverso? E se non possiamo nemmeno parlare di un mondo altro, come potremo arrivarci? La comunicazione diretta tra individui autonomi è la base di qualsiasi ribellione comune, è il punto di partenza di sogni e lotte comuni. Senza una comunicazione inalterata, è impossibile lottare contro questo mondo e per la libertà!
Quindi, sbarazziamoci degli smartphone e incontriamoci direttamente nell’insurrezione contro questo mondo!
Diventiamo incontrollabili!
P.S.: Dovrebbe essere ovvio che i nostri telefoni cellulari e gli smartphone sono già utilizzati per sorvegliarci. Quindi, se deciderete di passare all’azione, lasciateli a casa e non parlate quando li avete con voi!
Trad. da Fernweh n. 24, febbraio 2017
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APRE L’OFFICINA AUTOGESTITA KASTEDDU

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FESTA BENEFIT AL TERRAPIENO – TRASFERITA IN VIALE FRA’ IGNAZIO

Siamo arrivati puntuali alle 19 e 30 per sistemare i tavoli per la cena e le casse per ascoltarci un pò di musica, ma al Terrapieno c’era una cricca di gente veramente brutta, tutti in divisa, seri, con le armi alla cintura  e i mezzi con i lampeggianti. Noi con quei loschi individui non abbiamo niente da spartire, neanche un marciapiede o un terrapieno. Però non vogliamo neanche farci intimidire, quindi abbiamo deciso che il benefit lo facciamo lo stesso, o almeno ci proviamo!

Quindi ci siamo spostati in Viale frà Ignazio, accorrete, la festa sta per iniziare.

sbirri al terrapieno

manifterra

Incontri-dibattiti con Raul Zibechi

L’appuntamento di Cagliari

zibechi

Il programma di tutti gli incontri:

ZIbechi_Sardegna.